STORDITO. Gabriel Liberatore

*I versi del poeta argentino Gabriel Liberatore (Rio de la Plata, 1966-2020) sono inediti.

Roberto Sebastian Matta

Per le vie di S. mi cammini davanti

piccola estasi

non sei nuda ma lo sarai

pensiero potente

sparisce la fine delle cose

ti bacio sei tu

l’aria

Sfiorarti appena

la schiena vederti la nuca

e poi ti volti ti chini resto attonito

ti carezzo i capelli

infinitamente

stordito

perduto

Continui a carezzarmi muovi

le dita lentamente

guardami ancora e ancora

lascia che ora

ti raggiunga io le labbra

Ci stringiamo

perché nessuno arrivi

fra i nostri corpi solo la nostra aria

le labbra avvinte

finché lo consente il respiro

Nulla è simile a prima

bocche sguardi dita

il sole è un astro pallido

se le nostre labbra risplendono

Presto ancora

una volta lentamente ora

vieni

ancora torna fra le mie gambe ma per molti

infiniti minuti con gentile lunghissimo

furore

nessuno squillo

a fermare i tuoi baci

la tua pelle

fra le mie dita ariosa

con lingua e voce

ti mordo sul collo

lecco la fine e l’inizio

l’origine e l’abisso

nero dischiuso

ti tengo stretta

nel bacio

Con tutti i tuoi capelli tutte le tue mani

odorami tutto non smettere

di sentirmi con tutte le tue labbra

sono

appena rinato

sveglio nella nostra luce

Appena sei nella mia bocca

c’è un altro universo

il suo sapere mi inonda di gioia

il suo sapore mi colma

se fossi morto

non potresti spogliarmi nudo

e fare di me chi sono

libero

da ogni pensiero di fine

felice

illuminato

E ancora

senza nessun cielo

il semplice soffitto bianco

portami in paradiso

soffiami nelle orecchie

mordimi il capezzolo

baciami il naso

i pensieri diventano carezze si crea

qualcosa come un cristallo

un’aria solo nostra

un tuono lieve contro le cose grevi

un’aria dove la tua bocca è la mia

Nebbia morte arti madre

l’incantesimo è dopo

è guardarsi mentre

fluisce caldo il nostro segreto

Quale arcipelago navigare

con la pelle che turba il cuore

e sbatte e poi

parole bisbigliate piano

odori condivisi

pareti inventate

per il turbine delle teste dissolte

Ti tocco la mano

non mi guardi

la stringi

Il resto della vita

è dopo quel gesto

Maestri del tempo

mentre ci baciavamo

interminabile e dolce

il sole dell’insonnia sulle dita

consapevoli che di estasi

giorno e notte e in sogno

potremmo morire

Noi

maestri del tempo che dominiamo

mi baci

ogni muro

crolla

ti bacio ogni muro

tace,

allacciati in un solo corpo

raddoppiata meraviglia

il cielo di settembre

la nostra costruzione dell’aria

Correre a grandi grida

nel nostro segreto

e le gambe fuggono morbide

dopo

guardarti

mentre ringiovanisci

venire insieme

finalmente vicini

saliva parole aria respiro

sei partita

e le mie labbra ti baciano ancora

nel ventre mi vibra il pensiero di noi

e le gambe fuggono morbide

ancora…

Roberto Sebastian Matta

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