PER “ORIENTI”. Silvia Comoglio

Elio Grasso, Orienti, puntoacapo, 2022

**

Quando il respiro si impenna

Orienti, vale a dire una direzione ma anche un’epoca che si radica nel respiro. Un timone qui al plurale perché il movimento è veloce e misura confini nelle cui spirali si sta a nervi scoperti. Orienti, ossia uno stare e un procedere verso Est, un guardare al sole che sorge sapendo che in quel sole due sono i destini che si compiono, quello della coscienza e quello dell’intelligenza che si scontrano deflagrando. E così il respiro si impenna. E accelera guardando sempre a Est, a quel sole che si fa intuizione e quindi, in ultimo, Secolo aggiunto, dove, “siamo, senza saperlo, i resti di un’Apocalisse”. Senza saperlo. Possibile? Inevitabile. Perché del respiro, specie di un respiro che si impenna, non si ha consapevolezza. Un respiro, a maggior ragione se è un respiro con questa caratteristica, non può che avere il monopolio. Non può che prendere il sopravvento, usurparci. E allora? Come aggiungersi ad un’epoca, ad una storia che non si cura dell’immaginazione e neppure la vuole? Solo aggrappandosi, attaccandosi, a quel “Tu salva gli amuleti, ricaccia l’inquietudine indietro, che forse non è così tardi. Le tue parole sono riposi rari fra la matita e le labbra. Nella tua campagna appari sui sentieri. Qualche decennio dopo, correggi le pietre”.

Salvare e correggere. Salvare, adesso, e correggere poi, qualche decennio dopo. Il tempo, l’epoca/storia, che potrà pure essere tutta uguale ma che non si fa vuoto. Il tu, il noi, che salvando e correggendo si veste di eticità, ammanta il tempo di eticità. E l’angolo di osservazione si fa plurimo. Orienti, appunto. Disinnescati “nel risanguarsi”, nel lasciare “orme sui detriti”. E tutto così si passa al vaglio legandosi a identità che si dicono in una contrazione di sintassi. In una fusione di Orienti che si scandiscono ricreandosi in “in mezzo alle onde e alle particelle”.

Una ricreazione che ha qualche punto di contatto con la resurrezione, intendendo qui per resurrezione un’assoluta autonomia del linguaggio. Il respiro si impenna? Ci usurpa? Ecco allora l’assoluta autonomia del linguaggio come risposta. Come prospettiva. La precisione, la sete di precisione, che qui, in Orienti, non è mai categoria astratta ma soppesata valutazione. Morale ed estetica. Raggiunte entrambe sottraendo e circoscrivendo. Slanciandosi oltre la loro soglia per poterle nominare. Uno slanciarsi che è poi un farsi totale presenza. Anche perché lo slancio presuppone, vuole ed esige, la totale presenza, quella che Elio Grasso non nega mai.

Orienti. Ma anche, si potrebbe dire, pienezza. Pienezza di coscienza e di linguaggio. Pienezza di epoche e confini. L’intero dire e dirsi che mette in moto codici totalmente umani. Fatti di inciampi e limiti ma capaci di ristrutturarci. Ristrutturarci. Ecco, questo è il punto. Ristrutturarci, ossia: provare a tornare ad essere pienamente (pienezza ho detto prima) umani. Questo io dico essere Orienti di Elio Grasso.

**

Elio Grasso

Silvia Comoglio

Lascia un commento