PER “QUALCHE COSA NERO”. Jacques Roubaud

Jacques Roubaud, Qualche cosa nero, FT-Finis terrae, collana Le meteore, Como-Pavia 2022, traduzione di Domenico Brancale e eTomaso Santi,

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Qualche cosa nero, forse. Qualche cosa grigio, tolto al nero. Come trattenere la morte dell’amata, indicibile, e dirla. L’esperienza dell’impossibile è la sola via percorsa dal poeta. (M.E.)

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(Dalla quarta di copertina)

«La tua morte dice il vero. La tua morte dirà sempre il vero. Ciò che dice la tua morte è vero perché dice». Un uomo ha perduto la sua donna e dice, riga dopo riga ìl dolore della sua assenza. Il dolore più difficile da scrivere. L’uomo è il poeta Jacques Roubaud, la donna è la fotografa Alix Cléo Roubaud. Qualche cosa nero, pubblicato nel 1986, è il libro del lutto della poesia.

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Fedeltà e tradimento quando si traduce sono due vie di uno stesso volto. Il volto della parola. Nella fedeltà si tradisce la propria lingua, rimanendo fedeli alla lingua altrui, nel tradimento si tradisce la lingua altrui rimanendo fedeli alla propria. Sempre si rinuncia a qualcosa…

(Domenico Brancale e Tomaso Santi)

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Meditazione dell’indistinto, dell’eresia

a Jean Claudfe Milner

Ci sono tre supposizioni, la prima, senza ragionarci troppo, è che non c’è più, non la nominerò.

Una seconda supposizione è che niente si potrebbe dire.

Poi un’altra supposizione è che niente ormai le assomiglia, questa supposizione destituisce tutto ciò che crea legami.

Da alcune di queste supposizioni si possono dedurre, senza rilevanaza, proposizioni a catena.

Dal fatto che niente ormai le assomiglia, si concluderà che non c’è niente se non il dissimile e da lì, che non c’è nessun rapporto, che nessun rapporto è più definibile.

S’arriverà quindi all’inadeguatezza.

Tutto si sospende nel punto in cui sorge il dissimile e da lì qualche cosa, ma qualche cosa nero.

Con la semplice ripetizione, non c’è più, i tutti si disfano nel loro tessuto abominevole: la realtà.

Qualche cosa nero che si richiude. e si sigilla, una deposizione pura, incompiuta.

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Questa fotografia, l’ultima tua

Questa fotografia, l’ultima tua, l’ho lasciata sul muro, tra le due finestre, sopra,

La televisione scollegata, e la sera, nel golfo di tetti a sinistra della chiesa, quando la luce,

Si concentra, e allo stesso tempo scorre, su due estuari obliqui, inalterabili, nell’immagine,

Mi siedo su questa sedia, da cui si vede, contemporaneamente, l’immagine interna alla fotografia, e attorno ad essa, ciò che mostra.

Che solamente, di sera, coincide, grazie alla direzione della luce, con essa, tranne per il fatto che, sulla sinistra nell’immagine, tu guardi,

Verso il punto in cui mi siedo, vederti, invisibile adesso, nella luce,

La sera, che pesa, sul folto di tetti fra le due finestre, e io,

Assente dal tuo sguardo, che, nell’immagine, fissa, il pensiero di quest’immagine, dedicata a questo, le sere da adesso, senza te, nel punto,

Vacillante del dubitare di tutto.,

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Jacques Roubaud (1932). Poeta, prosatore, matematico, traduttore. Nel 1966, insieme a Georges Perec, entra a fart parte del circolo Oulipo, fondato da Raymond Quenau e François Le Lionnais. Fonda nel 1965 la rivista “Change”. Tra le sue opere: Quelque chose noir (1986), ii romanzi consacrati a Hortense (1985,1987,1990), il ciclo di prose Le grand incendie de Londres (2009), Poétique. Remarques (2016), Traduire, journal (2018), Chutes, rebonds et autres poèmes simples (2021).

Jacques Roubaud

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