quattro inediti

Sta entrando ancora dalle tende
il profumo dei tigli in cortile
Negli ultimi giorni di lezione
il ruggito nel sangue, l’attesa,
battono la fine, ci separiamo
mentre la luce ci libera altrove
Adesso chiudi il libro con un colpo
il cancello si aprirà definitivo
vedrai il meridiano del sole
spingere un’estate infinita
Come se ci perdessimo per sempre
Sarà il tiglio a soffiare sulle palpebre
le prime notti che morde il desiderio
e il sogno si dilata oltre l’atlante
Conserva poi i fiori per l’inverno
quando i muri delle aule
tengono strette le persone e i sogni,
consolano per le separazioni
Come se già sapessimo il ritorno
**
Finché una mattina
in scoppio accelerato
frutta ogni ramo, è luce
nell’aula scatta l’ultima cartella
mentre di colpo si libera l’estate
Nei corridoi deserti s’insediano
le voci dell’inverno sigillate e mute.
E’ rimasto uno solo
mani sporche di gesso
una lavagna intera da cancellare
Sulla muraglia d’ardesia disegna
un’avventura, racconta di un tempo
che si spinge tra le vite degli altri
E’ l’ora della rincorsa per tutti
tranne uno, estraneo al corteo del sole
che vive d’ombra, in un albero nudo
un eremita che dal silenzio
delle scale sente chiamare
Non c’è più nessuno, maestro, scrivi
**
I muri si inseguono
in gomitolo che rotola
accorpa ogni lato, la distanza
tra le porte, il nome della classe
E ovunque si spalancano le bocche
delle scale collegano ammezzati
a corridoi ancora invisibili
Un bambino con un fiocco azzurro
li percorre diritto, appena
sollevato sulle scie di cera
Questo il compito, portare messaggi
esatti, ricordare e ripetere
il colpo sulla porta ed esitare
con il passo, chiedere il permesso
In un’aula uguale estranea,
fissare il maestro negli occhi, capire
dallo sguardo il rancore
e la benevolenza – e di quando i bambini
gli sono genitori, sapere
davanti alla consegna del messaggio
E prima del ritorno ascoltare
fino in fondo e in un solo momento
il suono del suo verso
**
Resto nel nodo, il fiocco azzurro
mosso da una corrente sconosciuta
nel vuoto che risplende tra le porte
Cambio sempre strada al ritorno
La mia natura è percorrere
la scala di servizio, accomodarmi
a riposare sul gradino stretto
Se mai sarò uno di queste classi
passerò il tempo guardando fuori
i colombi circolare fra le tegole,
aspettando chi bussa alla porta
e l’ombra che lo annuncia
fino al momento dell’uscita
Resto il soffio sull’uniforme,
chi si scosta e corre via per primo
Non mi avrete alla ricreazione
non ci sono, salirò sull’albero
più alto del giardino
Luigi Cannillo, poeta, saggista e traduttore, consulente editoriale, è nato e vive a Milano. Ha pubblicato, tra le sue raccolte di poesia più recenti, Cielo Privato, Ed. Joker, 2005, e Galleria del Vento, Ed. La Vita Felice, 2014. È presente, come poeta, curatore o con interventi critici, in antologie e raccolte di saggi. Ha curato con S. Aglieco e N. Iacovella Passione Poesia – Letture di poesia contemporanea (1990-2015), Ed. CFR, 2016. Collabora alla rivista “Gradiva”, Olschki Ed, New York/Firenze.




Grazie Marco Ercolani per l’attenzione e lo spazio
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