ECCE HOMO

Antonello da Messina, Ecce Homo, 1474, Palazzo Spinola, Genova.

Ecce homo*

L’Ecce homo (1474) di Antonello da Messina, esposto alla Galleria di Palazzo Spinola (Genova), è una rappresentazione non iconografica ma perturbante del Martirio. Il viso ovale, con la tradizionale corona di spine, appare nel rettangolo del quadro come se si affacciasse da un’immaginaria finestra, il collo misteriosamente circondato da un cappio. Il Cristo appare dolente perché la sua bocca è piegata in una smorfia dolorosa; le labbra disegnano un arco che scende in basso e che esprime una tristezza eccessiva, ai confini con una smorfia di sublime derisione, di glaciale preveggenza del Calvario imminente. Questo Cristo non è né umiliato né deriso: con lucidità triste irride. E’ solo una maschera e lo svela l’atto teatrale di affacciarsi alla finestra-cornice per essere guardato. Lo svelano gli occhi, che non partecipano a nessuna emozione terrena. Sono siderali. Sono lo sguardo che il Padre fissa sulla maschera dolente del Figlio e che il pittore, con incredibile audacia, dipinge all’interno del quadro come un dettaglio ultraterreno che spoglia il Cristo di qualsiasi accenno alla sofferenza fisica, al dolore della Passione. Ma il legame più misterioso fra Padre e Figlio è il cappio, duplice segnale di prigionia e di rappresentazione. Il cappio avvolge il collo del Cristo prefigurando il sacrificio futuro: ma è anche il filo che fa muovere la marionetta al gesto del burattinaio; Antonello evidenzia con ironia questo rapporto Padre/Figlio esibendo la maschera del Cristo nella cornice di una finestra-teatro, immaginario teatro di marionette.

Pur opponendosi alla rappresentazione di un Redentore devastato dalle sofferenze, grünewaldiano, il Cristo di Antonello resta tragico, di un tragico che lascia il gelo dell’ironia nel cuore. La sublime irrisione espressa dal lieve reclinarsi del capo, l’arco triste della bocca, il viso giovanile e sbiancato, senza tracce di sangue, suggeriscono una Malinconia che non può essere né placata né capita, né espressionistica né manieristica.

Questo Cristo, che al primo sguardo appare dolente, ritorna dolente anche all’ultimo.

*Il testo è tratto, con qualche variante, da: Marco Ercolani e Lucetta Frisa, Détour. Appunti di arte e letteratura, “opuscola”, Genova 1985.

Antonello da Messina, Ecce Homo, 1475, Palazzo Alberoni, Piacenza.

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