Scrive Antonio Castronuovo, a preludio della plaquette di Rinaldo Caddeo, Le giornate e la notte di un pensionato, Babbomorto editore, 2025: «Non li chiamo insomma “aforismi”, almeno nel senso classico del termine: formule che abbiano il sapore di un motto, che propongano un precetto di vita o un’elegante ironia su certi costumi dell’umano contegno, briciole che contengano una pointe: ciò che si attende alla fine di ognuna è sì una minima deviazione da quanto abbiamo letto all’inizio, ma non proprio una puntura, semmai una piccola festa dell’intelligenza visionaria». Sono parole esatte, che inquadrano la fulminea plaquette di Rinaldo, qui al meglio della sua surreale, epigrammatica inventiva. Chi conosce lo stile di Caddeo sa che le sue parole, sempre semplici, sono sempre i meteoriti della prossima apocalisse. Iniziamo dalla prima pagina: “La casa è piena di alligatori. Mi sono salvato salendo sul tavolo”. E ancora: “All’alba del primo dell’anno c’era calma. Per il freddo i botti si erano coperti di ghiaccio”. Caddeo non abbandona il tono neutro del suo dettato: ma attraverso la sua prosa neutra gli scatti visionari sono schegge feroci: “Troppo tardi. Il tempo è fuoruscito da una crepa”. Qui, da queste poche pagine, emerge la differenza potente (e definitiva) fra polvere e cenere. “La polvere scende nella mente e lì sembra poter scomparire, la cenere si accumula in fondo al cuore”. “La polvere attacca la superficie (le copertine, i dorsi), la cenere entra dentro, conquista le pagine”. “Mentre la cenere invade il mondo, non c’è più tempo. La polvere è uscita dalle clessidre”. “La cenere ricopre la polvere che ricopre la cenere che ricopre le rovine”. Assistiamo, leggendo le sue pagine, alla descrizione di un post-universo, ormai arso dal fuoco. L’uomo è solo un gesto improbabile, un reperto nelle macerie. “Dentro le cose, sotto la superficie luminosa, è tutto pieno di buio e niente. Caverne immense”. Il segreto della prosa frammentaria di Caddeo non è nei suoi temi, ben noti alla letteratura del Novecento, ma nella gentile prospettiva con cui li mostra. Come se ci parlasse amichevolmente dal suo studio, Caddeo porge le sue macerie e ci invita a guardarle con lui, condividendo l’affettuosa intimità con la fine imminente delle cose.”Parole come egro, repente, opimo. Le ho trovate in un cestino della spazzatura, buttate come vecchie bucce. Le porto a casa, le lavo, le accarezzo, le metto sedute sul tavolo e loro mi guardano stupefatte”. Non smette di vibrare nel poeta, nella sua minima apocalisse, la speranza di una minima resurrezione.
*Rinaldo Caddeo, Le giornate e la notte di un pensionato, collana Frantumi 11, Babbomorto editore, Imola 2025.
Un pensiero riguardo “LA MINIMA APOCALISSE. Rinaldo Caddeo”
Non concordo sulla “gentilezza” di Caddeo. È ial contrario tagliente, ma in una forma sobria, non compiaciuta. – se questo significa essere gentili… allora si.
Non concordo sulla “gentilezza” di Caddeo. È ial contrario tagliente, ma in una forma sobria, non compiaciuta. – se questo significa essere gentili… allora si.
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