Dove tutto affiora (Undici variazioni sull’Apocalisse)
di Dario Capello


Ecco, viene con le nuvole
voce di molte acque, così suona la fine
del mondo…
E a lui darò una stella
quella mattutina, e un nome
nuovo e l’intelligenza metrica
come un mare simile
(ma è un nome da lontano).
*
Ecco, il giorno grande, dell’ira
e il nome della stella: Assenzio
a chiudere il cielo, a sferzare la terra.
*
La ricorda così. Una donna
con gettato addosso il sole, un momento
breve, uno spasmo, questa è la morte
quella seconda, quella
che si pensava lontana.
La ricorda così: dalla parte del sorgere.
*
Ogni settimo istante delle cose
un fiato più sospeso, poi la girandola
di vocali tenute per anni, rivolte
al tratto di cielo visibile,
al suo ordine alfabetico.
*
Alle spalle, dove tutto risuona
colpirà con voce fantastica
alla cieca, a strappo, pelle
contro pelle, non ti stupire,
così adesso, proprio adesso
è questa luce di semaforo
a decidere un paradiso feroce
*
“…qui, dove tutto affiora
e sprofonda,
a specchio della nostra ombra.”
*
Segnano la medesima ora
a bocca chiusa, due labbra
urtate, sprofondate nella memoria
di chissà chi. Come riconoscerti
se non dalla maestria,
quella che avvolge i pensieri (gli ultimi?)
da questo davanzale la catastrofe
si misura per lampi.
*
Ecco, il cavallo rossofuoco
eccolo, compie l’opera…spacca la notte
mi confonde…
si rovescia in voce.
*
Quel sussurro che quasi non si coglie
è la voce più terribile. Il fischio,
il fischio di un dio ci ha richiamati
al fantastico scontro, il finimondo,
quello scintillare di due luci (era
la tua passione).
*
Mille anni di squilli e riprese
di fiato, suono di una voce
perfezionata dal sangue, guarda:
anche una donna ubriaca del sangue.
A sciogliere il cuore,
ad angosciare così…
*
La polvere scossa
al primo rimbombo, questione
di un attimo, di un niente
poi il giudizio, in silenzio
e in novità di luce.
“Annunciali tu i nomi, tutti,
leggili sulle tue carte stese,
allontanami i pensieri”.
*
Parlano di questo andare, del cielo
mirabile, non raggiunto. C’è un muro
di cinta, esiste, visibile, lontano
non ha confini.
E nasconde il giardino.
*
Ma qui nulla sorregge nulla.
Neppure quello sguardo che
ti riverbera, non si lascia incontrare
solo il sogno sale, scivola dalle mani.
La destra è aperta, vi si legge dentro:
vampate di pensiero
agitate dal passo degli anni,
dalla flessione delle voci:
è la tua stanata severa linea della vita.
*
Il mondo tolto all’improvviso
spento nel suono, nel suo squarciagola.
Anche se l’istante non finirà mai
di squillare con la tromba, la settima.
Sempre lo stesso momento che non passa
tutte le apparizioni finite
alle spalle.
Quel dondolio che ora ci culla
è tempo che eredita il tempo
confrontato, giudicato in cerchio.
*
Verrà ed è adesso.
E aggiunge. Trombe del ricordo,
sopra uno strano mare rigido di vetro
dove l’acqua non bagna
le mani, non batte gli scogli, non
ti risale.
*
Nulla da raggiungere.
Finite le peripezie, gli svelamenti
di nudità, le staffilate al cuore
gli incantesimi in aria.
Non te li ricordi,
soffiati via dalle due narici
ugualmente commosse,
umide di fiato, di parole.
*
Tutta la vita sfociata nei volti
che la scrittura ricopre.
*
Viene un’ora ma è sempre adesso.
*
Qualche verso ci prenderà, colpirà duro
con le rimanenti voci, fanfare del prezioso
paradiso. Cristallo conforme a un destino
solenne, durissimo. E un sasso bianco.
*
Poi sfiaterà su di sé, nell’aria nervosa
questo volto, questa ragione scossa.
Questa vita. Ho scordato,
ho ricordato:
la patina stupenda, la somma
imparziale dei ricordi
*
Ecco, faccio nuove tutte le cose
indeclinabili, il principio e la fine,
conto i passi, le sillabe
e la pausa che le separa dall’anima.
*
Le gole invisibili
impediscono all’aria di tornare
e far musica per questo teatro
di stragi. Una musica di boato.
Preme come una volontà,
vita senza nome.
*
Dalla parola morente viene
sempre più ombra e noi
ci teniamo stretti, pronti
per l’unisono di quest’ombra.
*
Fuori, è rimasta la tua Renault,
lamiere lucide come stelle, aperte
ai fuochi
mentali che scottano la bocca.
Fuori sembra un altro mondo.
*
Ma senza fretta, un dio semplice
sapiente di sigilli ha chiuso
nell’amen
tutte le fessure, tutte, ad una ad una.
*
Noi debitori di un senso all’eterno
capofitto
di questo e di tutti i fuochi.
*
Guarda altrove, se puoi, scorri
lo sguardo dalla linea della schiena
alla bocca delle nuvole. Bocca
di tenebre e fiato di cielo.
Scrivi: dei cieli di cieli. Ora
si calcola dal grido, non da altro,
il visibile margine della terra
con tutto il suo miele, la sua pietra
intoccabile, fino
al battimani dei fiumi, quelli
celesti, da sponda a sponda.
*
Questa: l’ora che non scocca.
Solo tendini tesi, pronti
all’urto, su ogni ginocchio che si piega.
Ma il tuo passo deciso, sapienzale…
*
È un urlo a chiamare
le visioni. Tenuta di voci.
Sarà salvezza. Ma sgolarsi così
senza riposo, evitare la morte
con acrobazie, il bene tutto
nella gola…
*
Non ha contorno, arriva clamorosa
la parola detta per sempre, più vicina
al sibilo, e ti bacia tre volte
l’ombra della bocca, con saliva mescolata
a lingue di fuoco.
E polvere.
*
Polvere nera sul libro
che parla antico e costringe
a scegliere.
Ciò che dona.
Ciò che toglie.
Torino, agosto 2009
Dove tutto affiora (undici variazioni sull’Apocalisse) è pubblicato a stampa per le edizioni “alla chiara fonte”, collana Quadra, novembre 2009.
Dario Capello, poeta e critico letterario, nasce nel 1949 a Torino, dove vive. Suoi testi sono apparsi su diverse riviste tra cui Niebo, Poesia, Hebenon, Arca, La Clessidra, Steve, Galleria. I suoi libri di versi: Il corpo apparente, CDC, Collana di Niebo, 2000 (Premio Dario Bellezza 2001 per l’opera prima); Nel gesto di scostarsi, Dialogolibri, 2001; Caput vertiginis, Weber & Weber, 2002; Le assenti, Chateau de Rosemonde 2005; Vanità del tema, viennepierre, 2007; Dove tutto affiora (undici variazioni sull’Apocalisse), alla chiara fonte editore, 2009. In prosa ha pubblicato il saggio Torino. Da Nietzsche a Gozzano, Unicopli 2003 (integrato poi in Amante vertiginosa. Torino in 12 movimenti, Casaccia editore, 2010) e un saggio per Paola Mongelli Della visione inquieta (I libri dell’Arca, Joker, 2009).


