CASA BATLLO’

A Giuseppe Zuccarino

Casa Batllò*

10-26/7/2018

In fondo, tutto è doloroso.

Friedrich Hölderlin

Alla fine del libro, l’artista se ne va come un bambino.

Robert Walser

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Un senso al nostro soggiorno terreno.

Perdersi

pensando geometrie.

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Avremo ancora desideri.

Il tavolo a cui scrivi

trabocca.

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Il vaso salvo.

A picco la terra.

Il celeste, compatto sentiero.

Erba, sragione.

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Abbiamo guardato dentro la terra.

Chi era già fuggito.

Chi si tratteneva alle pietre.

Ma tutto

aveva qualche splendore.

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Di uno splendore senza rive

nessuno ha rimpianti.

Come di un magma.

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Essere ombra.

Guardare la terra dal basso.

Gli angeli

perdono profilo, potenza.

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Ulisse non racconta.

Seppellisce il remo fra i boschi.

Niente è luminoso.

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Abbiamo atteso che arrivino,

ma sono già arrivati:

restano le ossa degli amici sulla spiaggia,

dopo l‘assedio.

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Come un’ipnosi

le terre, irragionevoli.

I commenti

cadono nella notte.

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Avremo ancora

tempo.

Quando nulla sarà possibile.

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Con i vivi

che non riescono a vivere

parlo, parliamo

di qualche segreto che ci fu affidato.

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Seduto alla scrivania, ma vivendo in più luoghi, simultaneamente.

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L’unica arca che possiedo è il mio taccuino.

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E l’intermittente deserto

li acceca con la sua luce.

Siamo ostaggi delle nostre scritture.

Il sangue sul muro:

per non vedere il muro?

per svelare il muro?

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Occorre un crollo

per essere magici.

Il cavallo rosso

è imbizzarrito.

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I delitti infelici.

La felice solitudine.

Essere fuori dal sole.

Guardare la torre.

Le parole sono fumo

dentro casse vuote.

Ma neppure

ne provi dolore.

**

Che sia

antico come un lago.

Che ritorni

La terra serena.

**

Adesso,

privo di ombre,

di quale musica parlerai?

Di niente,

immagino.

Abbiamo ulteriori speranze, di cui tacere.

**

Polvere gesso creta inchiostro:

non volendo il marmo,

duro come la morte.

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Oppure nessuna speranza.

Chi di noi si avvicina di più

all”eco degli spari?

Caso, caos, ombra.

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Siamo un taccuino,

siamo orme.

Uccelli guizzeranno in volo.

Abbiamo rivisto la simmetria del buio.

**

Calma vita chiarore

dita che ignorano

confini

corpi

che sognano versi.

**

Esseri

bianchi

Parole:

polvere

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Scrivere al centro

per nessuna morte

Vivere in amore

chi ti grida dentro

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Ultime limpide ore

con l’aria nelle dita

la forma

la prima a fuggire

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Le Nuvole

un’aria altra

le attenzioni al nostro segreto

la lunghissima pazienza dell’amore.

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Finirà

quando finisce l’aria

questo interminabile

cielo.

**

Scrivere significa precipitarsi altrove, in silenzio.

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Scrivere segreto,

in segreto essere visto,

fondamentalmente

restare inconoscibile

e per lunghe realtà di parole

fare affluire sangue vero.

Essere

chiari: fuggire.

**

Fine. Saggezza.

Non credere.

Alti canti di cicale.

Fracasso nell’aria.

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Non resta che scrivere nel proprio antro sapendo che sei sanissimo e che fuori il mondo è allo sfacelo.

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Nulla, proprio nulla.

Soltanto

aria.

Uccelli sonori.

Cielo di cui non si vede la fine.

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Talvolta

la sensazione

di periferie senza suono.

Ancora, leggendo ombre.

E le cicale, frenetiche nella luce.

**

Maestro, possiamo?

Potrete.

**

L’avvenire:

una lamina di buio.

Le cose

rincorrono il cielo.

**

Non mancarsi.

Superstiti

ma presenti.

Nel cielo abbacinato

la lunga riga del fulmine.

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L’erba di smeraldo.

Férmati

nel mondo arcaico.

**

Arrivano piogge che cancellano.

Forse.

Da un lato della paura.

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Improvvisi

respireremo.

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Il taccuino ha un nome: Casa Batllò.

Colmarlo e tornare a Barcellona,

dentro le curve esatte della casa.

*Sulle pagine del taccuino che Giuseppe Zuccarino mi ha donato al suo ritorno da un viaggio a Barcellona ho scritto, nel luglio del 2018, questi frammenti. (M.E.)

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