Caput vertiginis*
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raggiunta fin qui, nel giorno
di un qualsiasi giudizio,
nel capogiro, nella parola
asciugata in gola. E tutta la vita
che non cede
respinta dalle pareti.

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sanno cosa li aspetta. L’età
del parto conclusa nella cura
del dispari e del pari,
yin e yang, soglia
d’enigma a forma d’uovo.
Ma scendono
alla vita, hanno scelto, nel panico,
sbalzati

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qui la teta rovesciata
cela il vuoto dei crepacci,
desideri in risonanza. Sì,
quel vuoto, quel magnetismo
di tutti i congedi, anche qui
tra scheggia e scheggia,
nella geometria di un capogiro
così arreso.

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ogni cosa muore di desiderio
per l’altra, se la sua forma
è la sua preda
contesa. Totem, talismano
dei profili, restituiti
inattesi, nella luce
paradossale del nero

*Le poesie sono tratte dalla plaquette di Dario Capello, Caput vertiginis, scritta in occasione dell’omonima mostra collettiva presso la Galleria Alberto Weber (Torino, maggio 2003). Le sculture sono opere di Giuseppe Armenia, Santo Cinalli, Marc Didou, Bruno Martinazzi.
