LONTANO GONG BOATO. Francesco Denini

cathedrales consumptae en ardeise

bui portali, immanem successionem,

sfreccia cavallo giù, che a palazzo

ducale sfiora, in films fin-de-siècle,

dal centro storico, a passo d’uomo

*

quel serial killer che scese, infine,

dal fondo scena du grand théâtre

era, ora e chiaro, ein kleiner hampelmann

mia e la sua faccia, la sua storia

ma l’indagine anche, e un po’ integrando

*

su quel vecchio permesso d’ingresso

luci leggevo ancora e poi pollini

di tempo frammenti ingigantiti

tornanti ancora con l’energia

di impressionanti macchie sui muri

*

materico respiro notturno

dilata in convalli un moto lento

mare aperto o minimum vitale

di cigli lontano gong boato

dilegua nel sonno si persuade

*

ancora esilio d’un treno in costa

luci uguali schermo bianco tenebre

moto finestrini d’autostrada

oltre quel ritorno delle rocce

assente non non cessi di mancare

*

finalmente cedendo in morendo

se schegge sfuse fuoco sfinito

enfisemi fango fiasco fine

mistero piscio cenere e nuvole

ad ascoltarne e in quel che si perde

*

tra i budelli del borgo maltese

poco al riparo da un fluxus formae

a 200 km/h

per via caravaggio forma fluens

di un mio vento biologico crudo

*

nero vetro vero – nero cero

remo mare nero – zelo zero

nilo negro giro – rene tiro

timo pero ritmo – nero rito

nero ramo rima – mero mito

*

poca acqua piana pieno pianto

pasto perso piatto posto punto

piastra pianta rostro arco sbarco

sorso pialla pesto pasta porta

fusto mosto fausto fuoco furto

*

questa sera ho intravisto al tramonto

sul piazzale a mare in via marconi

un mio replicante d’otto anni

era un ragazzino sui suoi pattini

vuoto a rendere in voz abismàtica

*

i colori caldi del sonnambulo

tornano nel vuoto che riapre

discoste ombre a nascoste luci

se salvasse sé dalla catastrofe

entro cui si perdette staccandosi

*

neve in via turati a tarda sera

foto sulla città in ritorno

senza oblio, di nuovo lento vuoto

sentimento, senso infrasottile

di un day after colto in altri occhi

*

sfogliando le pagine in sequenza

di un suo brano, simile a periodes,

bande verticali ricorrenti

a rendere illeggibile il continuum

come dei possibili invisibili

*

potrebbe divincolarsi ultimo

all’ordine sospendere gli urti

in linee che ritmano luci

separare spasmi nella cenere

più sottile e involi potenziali

*

difficile risveglio in frantumi

tale demolire, ritagliare

di apatiche mura, e in una lingua

cuscino interno, a tremare, o questo

stesso tuo stormire, costruito

*

cade luce sottile, se spersa

frangi la parola, e un vuoto intorno

recide foro esca cascata

indaco cede che vibra, e al buio

ritiro innervato, incarnato

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