
In queste pagine sono raccolti pensieri che giovani donne psicotiche, sofferenti di allucinazioni auditive, hanno espresso in gruppi di autoaiuto di “auditrici di voci”. Il disegno è di Giordano Gelli, pittore outsider.
Le voci sono i nostri traumi.
Se non sono sola a sentire le voci, mi sento meglio.
Le voci non sono mai uguali.
Talvolta le voci perseguitano. Talvolta proteggono.
Le voci possono durare di meno, se lo voglio io.
Le voci sono un rumore troppo forte, che posso abbassare.
Fare del bene a qualcuno che sta male come me. Forse è la guarigione.
A volte le voci sono come i nostri vecchi vestiti a cui siamo abituati.
Le voci sono anche la gonna di mamma in cui proteggerci.
Vorrei non avere più paura di non guarire.
Non sento sempre le voci.
Qualche volta le voci mi fanno compagnia.
Sentire le voci significa che qualcuno mi ha fatto del male e che la mia mente ha reagito così.
Sentire le voci è non credere in me ma nei giudizi degli altri.
Ho tanta paura che non guarisco. Però oggi sento le voci molto meno.
Da quando non sento più le voci, mi sento leggera come un gabbiano e ho tanta voglia di vivere, sono più ottimista. Tutto più facile. Spero che questa condizione duri, che non sia solo una calma apparente.
Le voci mi dicono che me ne vado in galera e che oggi ho fatto del male a un bambino e sento la sua voce. Ma poi questo dolore non dura tanto.
Le voci mi dicono che siamo tutti dei troiani e dei bastardi! Però poi mi lasciano in pace.
Io ho sempre le voci ma non quando ci siete voi che mi curate. Questo è ovvio.
La mia testa contiene pensieri volanti: quelli degli altri.
Ma forse devo farmi dei pensieri miei: non stare passiva a farmi giudicare dagli altri.
Mi sembra che tutti parlino male di me. Ma, quando non sto a casa, quando mi distraggo, sento appena delle frasi, e non è che mi perseguitino.
È brutto avere a che fare con le voci. Ma, se mi sbrigo le mie faccende, ci penso di meno.
I nostri dolori sono diversi ma possiamo aiutarci. Meglio insieme.
Ad un tratto egli sente parlare. Non vede nessuno. Tuttavia, qualcuno bisbiglia. Dove, allora?
Perché sento le voci non solo nelle orecchie ma anche dietro la testa?
Ma allora ci creiamo noi le voci? Per qualche nostra paura?
Io non credo. Le voci sono fuori di noi. Vengono da dietro lo schermo di una Immensa Televisione.
No. Credo che siano dentro di noi. Con i farmaci diminuiscono.
Le voci vengono dallo shock.
Ma possono cambiare.
Non sono mai le stesse.
Alte, forti, basse. Arrivano anche in mezzo alla testa o dentro lo stomaco.
Bisogna saperle trattare. Prendere tempo.
Non sono mica Dio, le voci.
A me tormentano soltanto. Quando vengono, mi metto a stirare.
Io le ignoro del tutto. Posso vivere nonostante di loro.
Io mi affido ai dottori.
Io ai farmaci.
Non basta. Io sento che mi rubano il respiro.
Io mi sento coperta di voci solo quando sto molto male.
Le mie, sono dappertutto. Ieri erano nel mio cuscino, tra le unghie delle mani, in mezzo alle cosce.
Ma poi se ne vanno via.
E’ vero.
Possono diventare buone, consigliarci.
A me perseguitano sempre.
Se molti cellulari squillano tutti insieme, allora sentiamo tutti le voci.
E i mistici?
Cosa?
Ho letto che sentivano le voci.
Come noi?
Sì’.
Io piango sempre, quando le sento.
Non c’è una verità sola.
Ma soffriamo tutti come cani.
Non sempre.
E tu, dottore, puoi parlare delle nostre voci senza tradirci?
Il mio primo scopo è che siate voi a parlare di voi senza tradirvi. Vi tradite se siete vittime di voci che non sono la vostra vera voce ma ciò che credete gli altri dicano di voi, ciò che voi stessi dite di voi.
Non sentiremo sempre le “stesse voci”, vero?
Le mie non sono MAI le stesse.
Ma lo capite? Le voci le inventiamo noi, quando siamo soli, quando stiamo male.
Siamo malati perché così il dolore ci protegge, come un abito caldo. Come la mamma. Quando ci liberiamo, quando non sentiamo più le voci, sono tutti cazzi nostri.
Però possiamo farcela.
Possiamo.
Sì.

(Evgen Bavcar)
