
La memoria crea agguati
sposta nel tempo
nasconde i nomi sulla punta della lingua
inventa, occulta, sbiadisce, cancella
spesso mente, ricatta l’orgoglio
a volte un dettaglio logora il sonno,
s’infila travestita nei sogni
e dopo anni ti mette le mani al collo,
il tempo è tutto suo, incustodito
e a volte ti apre il pozzo degli avi
la caverna del primo bacio
per un attimo ti fa sentire il mare nel respiro
ti fa muto come un pesce
ti fa sentire l’infinito tutto alle spalle
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Non eravamo ancora arrivati a casa per scontare le offe se, non potevamo vedere il nostro mantello eroico di acqua calda che ci ha fatto sentire la poesia di ieri e il suo tempo di pace senza sapere quando smetterla di parlare dei soldi finiti. La nostra vita è sempre stata incoscienza e poche parole. Ad ogni modo si può fare un passo indietro per esser certi che ancora canta la nostra corazza di cicala.
La mia preghiera sprofonda in un altro uomo come me mescolato all’acqua e all’argilla, figlio del fiume che raccoglie tutte le piogge, ospite sacro, bambino che bussa dietro la porta con occhi di lacrime secche e piedi bruciati dal freddo, si fa agnello che chiede il grembo di una madre.
Dietro il profilo degli alberi all’alba, sorge un indaco perfetto, una tentazione divina. I cani al mattino tornano a casa lenti, i pettirossi tra i rami si lanciano in manovre ardite, canta in ogni cosa il libero arbitrio di un altro giorno, il bene alto di ogni cosa.
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Il giorno è nel presagio di ieri
un taglio nella mano
una goccia di sangue sul foglio
il piano disfatto dei pensieri.
Una telefonata senza fiato di notte,
la promessa a un giorno pieno di speranze
di previsioni
e altri di simile cadenza da sommare
che quasi la recita riesce, sembra vera,
funziona la sua menzogna
Stanno tutte qui le mie voci
marciscono nel grembo
naufraghe nel mio regno,
prigioniere di molte lingue
sulla superficie incolta
di una terra promessa.
Hai mai visto nel maestrale
la traiettoria degli uccelli
mentre salgono veloci
arrampicandosi al cielo
in una verticale perfetta
e all’improvviso virano di lato
scendendo obliqui verso terra
come spazzati da forze invisibili.
Li hai mai visti arrendersi alle correnti
allargando le ali in abbandono
immobili, controvento
lasciandosi portare nell’azzurro
senza nessuna direzione.
Ottobre resiste all’inverno
dicono le ultime parole i fiori
prima d’addormentarsi a oriente.
Ottobre è una donna muscolosa
guarda nel vento le rondini partire
sale sul tetto a stendere lenzuola al cielo.
Imparo dalle abitudini l’arte della pazienza.
