MATERIALI PER UN RESPIRO. Giuseppe Semeraro

La memoria crea agguati

sposta nel tempo

nasconde i nomi sulla punta della lingua

inventa, occulta, sbiadisce, cancella

spesso mente, ricatta l’orgoglio

a volte un dettaglio logora il sonno,

s’infila travestita nei sogni

e dopo anni ti mette le mani al collo,

il tempo è tutto suo, incustodito

e a volte ti apre il pozzo degli avi

la caverna del primo bacio

per un attimo ti fa sentire il mare nel respiro

ti fa muto come un pesce

ti fa sentire l’infinito tutto alle spalle

**

Non eravamo ancora arrivati a casa per scontare le offe se, non potevamo vedere il nostro mantello eroico di acqua calda che ci ha fatto sentire la poesia di ieri e il suo tempo di pace senza sapere quando smetterla di parlare dei soldi finiti. La nostra vita è sempre stata incoscienza e poche parole. Ad ogni modo si può fare un passo indietro per esser certi che ancora canta la nostra corazza di cicala.

La mia preghiera sprofonda in un altro uomo come me mescolato all’acqua e all’argilla, figlio del fiume che raccoglie tutte le piogge, ospite sacro, bambino che bussa dietro la porta con occhi di lacrime secche e piedi bruciati dal freddo, si fa agnello che chiede il grembo di una madre.

Dietro il profilo degli alberi all’alba, sorge un indaco perfetto, una tentazione divina. I cani al mattino tornano a casa lenti, i pettirossi tra i rami si lanciano in manovre ardite, canta in ogni cosa il libero arbitrio di un altro giorno, il bene alto di ogni cosa.

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Il giorno è nel presagio di ieri

un taglio nella mano

una goccia di sangue sul foglio

il piano disfatto dei pensieri.

Una telefonata senza fiato di notte,

la promessa a un giorno pieno di speranze

di previsioni

e altri di simile cadenza da sommare

che quasi la recita riesce, sembra vera,

funziona la sua menzogna

Stanno tutte qui le mie voci

marciscono nel grembo

naufraghe nel mio regno,

prigioniere di molte lingue

sulla superficie incolta

di una terra promessa.

Hai mai visto nel maestrale

la traiettoria degli uccelli

mentre salgono veloci

arrampicandosi al cielo

in una verticale perfetta

e all’improvviso virano di lato

scendendo obliqui verso terra

come spazzati da forze invisibili.

Li hai mai visti arrendersi alle correnti

allargando le ali in abbandono

immobili, controvento

lasciandosi portare nell’azzurro

senza nessuna direzione.

Ottobre resiste all’inverno

dicono le ultime parole i fiori

prima d’addormentarsi a oriente.

Ottobre è una donna muscolosa

guarda nel vento le rondini partire

sale sul tetto a stendere lenzuola al cielo.

Imparo dalle abitudini l’arte della pazienza.

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