
Piet Mondrian

Graham Sutherland
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«E una nube di polvere si vede alta levarsi e par che giunga dal cielo»
Conflitti interni
- Ci vuole un quarto d’ora per arrivarci.
- No, è necessario molto di più tempo.
- Dobbiamo arrivare per forza entro un quarto d’ora. Un solo minuto in più e sarebbe tardi.
- Mi spieghi il perché di tutta questa fretta, papà?
- Il tempo per me ha un altro andamento rispetto a quello che ha per te.
- Sì, ma qui si tratta semplicemente di ritirare un documento all’ufficio che rimane aperto mattina e pomeriggio.
- Mattino e pomeriggio per me non sono la stessa cosa. Il sole ha una inclinazione diversa, le ombre che proietta sul terreno non sono le stesse. L’aria è più umida al mattino e alla sera, più secca nelle prime ore del pomeriggio. Il grado di sudorazione cambia il movimento del diaframma. Le pulsazioni variano. Adesso riesco a reggermi in piedi, fra un minuto non lo so. La stessa cosa succedeva al fronte, quando non sapevamo se saremmo stati ancora vivi l’istante dopo. Con il tempo avevamo imparato a giocarci a pari o dispari la vita e, siccome tenevamo il conto dei morti tra quelli che avevano perso con il pari e quelli con il dispari, questi ultimi andavano a rannicchiarsi in un angolo aspettando la morte senza più aprire bocca. Proprio come il selvaggio di Moby Dick.
- Va bene, però ora siediti e calmati un po’. Ti porto un bicchiere d’acqua.
- Zuccherata?
- Come preferisci.
- Vedi, non sai nemmeno che sono diabetico.
- Tu non me l’hai mai detto.
- Non ci siamo mai detti niente che valesse la pena. Ho una fitta al petto, non respiro…
- Forse hai ragione; in un quarto d’ora possiamo raggiungere quello stramaledetto ufficio. Muoviamoci!
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Commilitoni
- Pensi ancora alla guerra?
- No, o almeno cerco di non farlo.
- Anche a me rievoca brutti ricordi. Però, da quando ho iniziato questa attività a volte ne sento la nostalgia.
- Il lavoro non va bene? Io mi diverto con il pachinko e vedo che la sala è sempre piena.
- Prima o poi cambierò mestiere; questo non mi piace. Non è un buon segno che un gioco diventi così popolare da tenere occupata tanta gente. In questo modo il mondo non migliora. A Singapore sì che erano bei tempi. Mi capita spesso di ripensare a quando eravamo sul Ponte del Nord.
- Arrivammo là dopo due settimane di avanzata continua delle nostre truppe.
- Marciavamo quasi senza sosta giorno e notte; cinque ore al massimo tra rifornimenti e riposo e poi via, sempre avanti.
- La Costellazione della Croce del Sud era luminosissima e le stelle si potevano contare una ad una.
- Capo, la macchinetta numero 18 si è bloccata. Il cliente continua a sbraitare e si è messo a prenderla a calci e pugni.
- Tu pensi ancora che debba restare in questo bordello?
- Davvero non c’è rispetto né disciplina.
- Capo, quello pretende che tu vada subito di là a rimettere in sesto la macchina, sennò distruggerà il locale. C’è molta confusione e la gente è spaventata.
- A questo punto è necessario applicare senza indugi l’articolo 11, comma 6 bis del codice marziale. Il sabotatore sia passato per le armi e i familiari obbligati a pagare le spese del funerale, nonché eventuali danni arrecati al suddetto macchinario.
- Agli ordini, signore!
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Calcoli infallibili
- Un proiettile lo ha colpito in piena fronte, appena sotto la visiera dell’elmetto. Il caso e la morte hanno una base comune. Il sangue ha una componente d’acqua: forse, addirittura, altro non è che acqua colorata. Ma queste sono considerazioni fuorvianti. Bisogna concentrarsi su ciò che è avvenuto e provare a ragionare su come porvi rimedio pur nella consapevolezza che, in simili circostanze, la sorte giochi un ruolo determinante. Procediamo dunque con l’analisi. Un rivolo di sangue esce dal foro procurato dal proiettile, scende lungo la parete sinistra del volto descrivendo una linea perfettamente verticale che, attraversato l’occhio sinistro, continua a scorrere superando a sua volta lo zigomo e andando infine a esaurirsi nel lato corrispondente del mento, dopo aver sfiorato di quarantatré millimetri l’ossatura nasale. Se, come risulta da una serie di calcoli balistici inerenti al fatto che il colpo è stato esploso da mille duecentoquaranta metri di distanza e deve aver compiuto una traiettoria che, in ogni caso, non è stata superiore a circa zero virgola trentotto gradi calcolati in base all’alzo del mirino, la testa del nostro sfortunato quanto disattento soldato si fosse mossa di centoquarantaquattro millimetri nella direzione opposta rispetto alla provenienza della pallottola prima che essa lo raggiungesse, ora noi non si sarebbe qui a dover pensare a come smaltire questa carcassa prima che il suo fetore ci impedisca di respirare.
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Il rimpianto di Mondrian
Piet Mondrian attende la morte nel suo letto, dall’altra parte dell’Oceano. Pensa ai dipinti di Philip de Koninck. A quelle vedute della sua terra piatte ed estremamente espanse, ove il punto focale è l’orizzonte. “Una specie di luogo vuoto”, secondo Walter Pater.
- Gli Alleati stanno liberando l’Europa e sento che la guerra finirà presto, ma non prima che me ne vada. A New York le luci sono quelle dei negozi e dei ristoranti, da noi quelle delle esplosioni. Qui è sempre festa. Anche se migliaia dei loro giovani muoiono sui vari fronti c’è il boogie woogie e nessuno ci vuole rinunciare; persino le coppie dei vecchietti lo ballano nei cortili e agli angoli delle strade. Avrei voluto restare in Olanda a combattere quando i tedeschi l’hanno invasa, ma ero già troppo vecchio e malato. Certo che per loro non sarebbe stata così semplice l’avanzata se da noi non si vedesse sempre e solo l’orizzonte, proprio come nei quadri di de Koninck. Troppo piatto il nostro paese, senza un ostacolo naturale. Difficile da conquistare, magari, lo è per chi giunge dal mare, ma entrarvi dai confini è una passeggiata. I reticoli delle mie tele avrebbero potuto opporre una resistenza maggiore rispetto a quella delle nostre povere truppe. Ma presto quest’incubo sarà finito. La gente allora passeggerà tranquilla lungo i canali come fa da secoli e i newyorchesi ritroveranno nelle vetrine i nostri tulipani. Ricordo di un tale che diceva che dolore e piacere hanno una radice comune. La solitudine ha sempre qualcosa che la separa dall’uomo, anche se questo qualcosa a volte è soltanto uno specchio.
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All’ultimo sangue
- Ormai è assodato: l’enorme bestia proviene da est. Quando da quella direzione si comincia a sentire un rumore sordo, che in poco tempo si espande come un tuono o una valanga siamo tutti in preda al panico e si fugge alla cieca, in qualunque direzione. Qualcuno sostiene che il suo sembra un muggito, ma gli esperti non sono di questo avviso e dicono di avvertire un suono assai più poderoso, come quando un orso si appresta a combattere. Ultimamente abbiamo notato che, proprio nell’istante in cui il rumore è al culmine e ci si aspetta un assalto violentissimo da parte della bestia, non accade nulla. Perciò si ritorna alla normalità, anche se carica di inquietudine e di tensione. Ma è dopo un fruscìo leggero, poco più che un alito di vento, che essa irrompe e fa strage. Al momento non c’è accordo su come affrontarla. Una minoranza particolarmente agguerrita è del parere che bisogna lasciarla fare, in quanto il suo è uno sfogo spontaneo e irreprimibile che non soltanto è inutile contrastare, ma potrebbe fare da stimolo e da guida agli spiriti più forti e intraprendenti della nostra comunità. La maggior parte finisce per tollerare le incursioni giudicandole sporadiche, nonostante sia evidente quanti danni abbiano già provocato. In questo momento mi trovo ai margini del bosco, davanti a una piccola radura. La neve alta ne rallenterà la corsa. Mi prefiggo di infliggerle ferite talmente gravi da ucciderla, o quanto meno da renderla innocua per molto tempo, anche se di sicuro ciò mi costerà la vita.
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Notizie circa il capitano van Hanegem e il suo cavallo
- È necessario ripetere la carica. Siamo stati respinti la prima volta, ma non dobbiamo dare tregua al nemico. Abbiamo tutti in mente il motto del Maresciallo Foch: “Attaccare, attaccare sempre!”.
- Capitano Willem Wim van Hanegem, soprannominato “il Gobbo”, non vedi in che situazione ci troviamo? Io a terra con una zampa spezzata, tu immobilizzato sotto di me e con la spalla lussata: ti sembra forse il momento di lanciare proclami bellicosi?
- Devo forse ricordarti tutte le volte che mi hai costretto a fronteggiare a piedi le lance degli ussari?
- Sono fuggito, e allora? La temerarietà appartiene a voi uomini e vi fa perdere la ragione. Noi fiutiamo il pericolo – è così che dite – e se possiamo lo evitiamo, al contrario di quello che siete soliti fare voi. Esagero, forse, nel chiamarla saggezza?
- Non mi metterò certo a disquisire di simili argomenti con un cavallo. Piuttosto, smettila di nitrire.
- È l’unico modo che ho per farmi notare, caso mai qualcuno passasse di qui e ti prestasse soccorso. Una spalla slogata la sistemano in un attimo.
- E a te non pensi?
- Un cavallo con una gamba rotta ha qualche possibilità di salvarsi? Io francamente non ne vedo.
- Non disperare. Ti affiderò al mio chirurgo.
- Affidati piuttosto a quel poco che resta del tuo buon senso; ordina ai tuoi la ritirata. Nel rapporto potrai sempre aggiungere l’aggettivo “strategica” e chissà che a qualche super medagliato non venga in mente di darti una promozione “per tempismo tattico”.
- Se qualcuno del mio casato venisse a sapere che non ero alla testa dello squadrone mentre infuriava la battaglia sarò bollato per sempre con il marchio dell’infamia.
- E allora vedi di toglierti da qua sotto e di raggiungere i tuoi uomini. Quando vedranno ricomparire “il Gobbo”, saranno le loro maledizioni a bollarti come meriti.
- Onore a te, mio nobile destriero.
- Basta con le frasi altisonanti. Non perdiamo altro tempo: nella tua pistola c’è ancora un proiettile.
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Avvistamenti
- Dal mare avvolto nella nebbia è uscito qualcosa, che ha provato a distruggerci. Poi è improvvisamente svanito, come un incubo notturno. I marinai del peschereccio che dicono di averlo avvistato alludono a un relitto di wagneriana memoria, ma poi ci sono state altre testimonianze che non hanno fatto che confondere ancora di più le idee e le supposizioni al riguardo. Dal canto loro, le autorità impongono di non farne più cenno, e non potrebbe essere altrimenti dato il loro ruolo, con la scusa neanche troppo originale che simili cose turbano i bambini. Ma quelli tra noi che conservano ancora un minino di discernimento non devono abbassare la guardia perché, se non fosse stato un incubo, e di certo non lo è stato, a partire da adesso nessuno, andando a letto la sera, sarà più sicuro di risvegliarsi vivo la mattina. Io che occupo questo lembo così estremo della scogliera sto consumando gli occhi nel tentativo di scorgere anche solo in un riflesso dell’acqua un indizio della sua presenza. L’appello che sto per fare è rivolto innanzitutto a chi prende il largo sulle imbarcazioni più fragili, magari rassicurato dal mare calmo e dall’assenza di vento. A tutti i naviganti, che in questo momento riescono a sentire la mia voce: tenete d’occhio il mare, scrutate l’oscurità. Qualcosa laggiù è in agguato.
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C’è sempre una via d’uscita
Un uomo con in mano una zappa cerca di scavare dei solchi per immettervi i semi, ma il fango alto fino quasi ai ginocchi glielo impedisce. Ogni suo tentativo sembra vano.
- Quando ti ho creato ho messo ai tuoi piedi tutte le creature. Ma vedendoti adesso, penso di aver fatto male i conti.
- Stavo lavorando e tutto andava bene come al solito, quando la pioggia che hai mandato all’improvviso mi ha bloccato qui e ora non riesco a districarmi da questo pantano.
- Mi fai pena. Quasi quasi mando una fiera affamata e non se ne parla più.
- È nei tuoi poteri. Come prima cosa, però, potresti far cessare questa pioggia e far riapparire il sole. La terra si asciugherebbe in fretta e io così riprenderei le mie occupazioni.
- Oltre che la forza, ti manca anche il senno. La terra seccherà tutta intorno a te in men che non si dica e resterai intrappolato per sempre.
- “Molte sono le cose tremende, ma nulla è più tremendo dell’uomo”.
- Che fai, ora, ti metti a recitare poesie?
- “Egli apprese come fuggire i dardi a cielo aperto del gelo inospitale, dei rovesci di pioggia”. Sofocle è uno che del proprio senno fa dono agli altri.
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Merzbau
- Sento che su Hannover pioveranno di nuovo le bombe.
- “Talmente rasa al suolo che neppure a nascondino si potrebbe giocare.”
- Così la descrivevi nel tuo racconto. Ma tra le macerie tu cercavi il Merzbau, l’edificio che era l’anima della città, il suo cuore pulsante e che alcuni dicevano di averlo visto riprodotto in scala perfetta dentro un pacchetto di fiammiferi.
- Forse voleva essere solo una scintilla di speranza.
- O forse una nuova, piccola arca in cui raccogliere i resti di un’umanità che si credeva onnipotente.
- Direi piuttosto malata di ipertrofia.
- Sai, tempo fa mi ero messo in testa di ricostruire la mia vita, come tu ti eri ripromesso di riportare il Merzbau alle sue dimensioni reali.
- Eh già, il tempo. Ci vuole una giornata intera per riempire le strade di ogni genere di rifiuti, ma solo pochi minuti per disseminarle di cadaveri.
- E noi siamo quelli che non si dimenticano mai di innaffiare con cura i vasi dei fiori sui balconi di casa.
