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Di materia virtù, la mostra personale di Pietro Casarini (Biblioteca di Novi Ligure, 4 settembre-11 ottobre 2025), porta a compimento il progetto principale del pittore-scultore: essere arcaico e contemporaneo. I diversi lavori della mostra (tra gli altri Il grande verde, Il grande rosso, Triangolo giallo, Terra che danza, Uomo felice, Febbraio, Autunno, Confine, Le sedie) ci raccontano una storia che non accenna a finire: l’artista sfida la materia, la modella, la torce, ne fa intrico e intrigo di forme e di materiali, non la lascia mai sola ma esige la propria presenza attiva lì dentro, il lavoro concreto nel ferro, nel legno, nei colori, nel vetro, la necessità originale e felice della fatica. Nessuna idea viene prima, nessun programma: la prima idea è essere faber della sua opera, i piedi attaccati alla terra e la testa affondata in un fare/fantasticare, pervaso da un’ironia infantile e gioiosa che non consente alla sua opera di essere tragica, pur testimoniando le tragedie del suo tempo. Informale sempre, ma sempre felice di trovare nuove forme e nuovi materiali, per reinventarne il senso in un gioco senza fine, Casarini lotta e desidera, votato all’anarchica dolcezza della “calda vita”. Non è solo un caso che le sue inquietanti e bizzarre sedie, lavorate con la magia di un inventore, non siamo mai luoghi in cui sedersi e sostare, ma porti dell’immaginazione in cui fermarsi solo per riprendere il viaggio, surreale, espressionista, futurista, reale, come suggerisce l’aria. L’ascetica umiltà dell’autodidatta Casarini, curioso e infaticabile, ne fa un essere speciale nella terra dell’arte. Il suo lavoro è un’utopia che non tollera altre leggi se non quelle che guidano la fantasia di quel preciso attimo creativo, aperto alla vita e non alla morte, colata di materia che si plasma in presenza dell’autore. Di materia virtù è davvero la via etica di quest’arte unica, che è “potenza e forma, energia generatrice, forza creativa, oscillazione tra corporeo e spirituale” (Franca Cultrera).
