La caverna è una costruzione rovesciata, la sua profondità abituale si espande in altezza verso il cielo, è costruita capovolta perché rende l’evidenza della condizione del “vuoto” che l’uomo occupa in essa. L’essere umano si pone all’interno per ritrovare se stesso e la terra, l’aria e la vita che sono all’interno e possono entrare dall’alto in forma di polvere nel tempo che scorre fino a che può sparire. La materia, come polvere, si deposita nel profondo della caverna, in questo spazio la luce entra e può rinascere la vita. Può crescere qualcosa o qualcuno di nuovo. Il vuoto è ciò che è lasciato per comprendere e sentire il pieno come il nuovo.
Costruisco una caverna capovolta per fare sentire la forza del vuoto che si mette in comunicazione col pieno esterno del mondo in cui noi circoliamo e cerchiamo noi stessi e il nuovo in noi, la morte per riconoscere la vita.
Perché la caverna? Uno si potrebbe domandare, quando uno sceglierebbe di abitare in uno spazio con un’unica entrata di luce. Dove più si addentra e più l’oscurità lo cattura. Eppure i primi uomini vivevano in questi spazi trovati in natura dove si nascondevano anche animali grandi che si riparavano o andavano in letargo.
L’abitare era solo scegliere uno spazio dove la sopravvivenza era fondamentale e anche il luogo in cui furono disegnate le prime forme figurative che raccontavano momenti di vita come la caccia, il passaggio in cui l’uomo passò dal pensiero contingente a quello futuribile.
La concezione del tempo sicuramente cambiò, nulla incominciò ad essere solo circoscritto al “fare” per la sola sopravvivenza, qualcosa era anche rivolto ad “altro”, fosse la relazione rivolta ai diversi componenti del gruppo umano o alla concezione del tempo che passava, tra stare fuori e dentro alla caverna.
Sicuramente la caverna porta all’archetipo della sepoltura nascosta ma invece io la vedo come archetipo alla ricongiungimento tra natura esterna e natura umana. Pensiero soffermato e pensiero d’azione. Le costruzioni interne a certe caverne le rendono difficilmente accessibili: sono il luogo in cui ci si perde e ci si nasconde. Nella psicologia di Jung era un tornare indietro, ritornare a quando si è nella pancia della madre, a qualcosa di ancestrale che, se anche non possiamo ricordare, possiamo immaginare: se quel luogo è veramente un luogo sicuro e ci appartiene dopo la nascita.
Il corpo materno, una volta che si nasce, lo si abbandona, lo si dimentica o non lo si riconosce; ci sembra di non essere mai stati lì e che veniamo forse da altri percorsi; e la caverna diventa la metafora della trasformazione e della necessità di tornarci dentro per rigenerarsi, di rinascere come si vorrebbe esprimere.
Il libro dell’inquietudine di Pessoa è un testo complesso, tra filosofia, psicanalisi e la narrazione. Dopo la sua lettura si cambia, si rinasce, si è altro, oppure lo si abbandona quasi subito spaventandosi di quello che potrebbe aprire: delle porte sigillate da lungo tempo. Il libro, postumo, appare negli anni ottanta, quasi cinquant’anni dopo la sua morte. Si tratta di un libro di confessioni, uno scrivere senza interruzioni, come un flusso di pensiero continuo. Simbologia di stati d’animo, immagini evocate, pensieri che si modificano da come vengono enunciati e poi contraddetti: insomma quello che uno potrebbe dire della vita umana, in cui non si riesce mai a essere soddisfatti, amati o odiati. Allora la vita è fatta di casuali successioni? L’ignoto è più serio del presente?
“In ogni goccia di acqua la mia vita fallita piange nella natura. C’è un po’ della mia inquietudine nel goccia a goccia, negli acquazzoni con cui la tristezza del giorno si rovescia inutilmente sopra la terra. Piove tanto, tanto. La mia anima è umida a forza di sentirlo. […] Indolentemente, lamentosamente, la pioggia batte contro la vetrata. Una mano fredda mi stringe la gola e non mi fa respirare la vita. Tutto muore in me, persino il sapere che posso sognare”.
La mia Caverna capovolta è un progetto architettonico permanente apprezzato dall’Art OMI Center di New York, nella sezione Architettura, e valutato per una sua realizzazione. Il progetto concerne diverse fasi di costruzione in cui si usano materiali naturali: quando fu pensato, non vi era ancora questa corrente di bio-architettura, “biologica” e “verde”, che usa tutti materiali naturali. Io, già nel passato dei miei studi e valori, consideravo l’importanza di studiare e progettare con materiali presenti in natura in modo efficiente. La Caverna capovolta è fatta di terra cruda, bambù, corde, e anche le fondamenta sono studiate in modo tale che la profondità nella terra siano una sicurezza di stabilità con ancoraggi particolari.
Questa caverna si modifica perché gli elementi costruttivi sono intrisi di semi e piante che crescono e modificano lo spazio nell’arco delle stagioni come noi umani cambiamo nell’arco di un tempo che non è misurato ma vissuto.


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Sito web: www.paolaricci.com
Paola Ricci – Taste Archeologist
