
Ho visto due angeli al bar
Una morte scosciata decisa con i chiodi
gli epigoni di Cristo stanno amandosi al bar
e muoiono di birra la rovina per schioppo
mentre smetto lumaca tra bava e vestigiali.
Gli occhi impazienti per settembre
dicono neve su cimase
che siano neve ed io cimasa
sulle cimase densa neve.
Non declino l’invito con parole
da buon cane cresciuto a bastonate
vomitare interiora e sterminarmi
come un popolo sporco di formiche
affinché mi disertino quegli occhi
per posarsi su canne mozze gli angeli
ammazzatisi a canne mozze sbronzi.
E scopano un boato
e gli invidio il crepare.
Gli occhi sul giorno
Ostinazione erculea
il dispiegarsi al giorno
quando comincia il giorno.
Non ho più gli occhi belli
ma la testa mozzata di una carpa
mi disapprova in specchi
che mi vengono al mondo la mattina.
Poi sta pure piovendo
che cosa penseranno i bimbi dell’estate?
*
Curatemi il tremore
quante belle ragazze
mi mettono paura.
Moriva di ossa strane
la rampa con il tonfo
ricordava la morte.
Suona la fisarmonica
crepassi non darei
un euro al musicista.
Quando tremo il tremare
di ridire me stesso
nei domani di sempre
prego mio nonno morto
che mi uccida sul serio
senza carne lasciare
come fa di continuo.
Nessuna faccia buffa
proteggiti dagli occhi
ho solo il sonno brutto
devo solo dormire.
*
Mi sogno mentre scopo i culi per le strade.
Le sclere di Anna
io me le ricordo
ritorte moriva
ogni settimana
circa ricordando
del padre il membro dentro.
*
Lei si dichiara nei volti degli altri
sorprende la strada
che faccio arrancando.
L’amaretto del nonno
la crostata un sapore
come i sogni stupendi
che degli occhi lo schiudersi
chiude per sempre agli occhi.
Adagio
Il pomeriggio piano.
Nel fruscio scema il traffico d’auto
retrocede l’abbaglio del sole
così la città, che torna a casa.
Nell’afasia dei vecchi che finiscono
con i soli loro occhi a testimone
il mondo allestisce morti soffuse.
La città si è votata alla campagna
ché lì si smette adagio.
Marta
La motosega trucida gli abeti
di trucioli spirali
che porta, insieme all’afa
la truce voce calda del solstizio.
Uno stupro di raggi
gli spigoli puntuti di Marta
che dorme sempre meno.
Dirige le civette
le dicono Per questo solamente
tu ne vali la pena.
Ma già ai destinatari pensa Marta
e ad uno tra il sudore e la sua insonnia
di cui dire mi ha uccisa, suicidata.
Quei previ pagamenti
di gingilli mai stati
e la via del sudore
non porta che alla doccia.
Cimitero la stanza
di falene spezzate
e cimici riverse.
Ma come fanno i pendolari a viversi
le sponde i fiumi i corpi dentro i treni?
Dove andranno i miei sogni?
Mi fermenta il Nebraska nella testa
Esistesse una casa
per riposare il petto.
L’epigrafe dirà
che Marta giace morta
come orologi mai usati ché rotti
bisnonni in bianco e nero
dirà loro Chi siete?
L’ultimo giorno viva
Marta ha visto la volpe
fuggire dai cinghiali
la volpe l’ha guardata
la volpe ha detto Marta
ma Marta era già via.
Il cadavere di Ettore
Perdevano tintura le panchine
per le tue gambe che nei nervi
già preparavano gli addii
ché queste visite sparute
rimarcano l’assenza, e non so più abbracciarti.
Cambiasti la tintura della pelle
fu bianca per confonderti vincente.
E mentre adesso vai via
ti vorrei dire che mantengo
quella promessa fatta ai frassini
Il vostro splendido gennaio
vi emuleremo a gemme, che inverno caldo, voi
dalla tintura bella, la bella morte, voi.
Tu mi parli attraverso
ma magari non ricordi
eppure, la tua bocca mi diceva.
E, adesso che nessuno mi precede
ti vivo tra i molari e la trachea.
Tale e quale a mio nonno
che la scatola di ottone
chiude alla vista di mia nonna
troppo stanca per spolverare.
Resta enorme la vita, e mi ci perdo
come ieri, ha due facce l’estate
salendomi alla lingua, tu mi dici
che a giugno occorre farsi di sole
foss’anche sopportare
restiamo noi due eroi.
Achille, porta le mie spoglie a casa.
Dato che vivi hai vinto ma sii buono.
Papà mi vuole piangere
non mi ha mai pianto
ma piangerà non visto.
La terza ora è greco
il dizionario, Achille
non ti scordare il Rocci.

*Marco Sbrana (26/03/2003) studia scrittura creativa presso la scuola Mohole a Milano, dov’è nato. È nella redazione di Zona di disagio e Evidenzialibri. Cura la rubrica settimanale di cinema per Odissea di Angelo Gaccione e collabora con il blog Scritture di Marco Ercolani. Ha scritto un romanzo sui disturbi mentali e una raccolta di poesie di prossima pubblicazione. Cura il blog di cultura e critica cinematografica Carrello a seguire.
Immagini di Francis Bacon
