LA LOGICA DEI LAMPI. Dario Capello

Nicolas De Staël

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Ma anche così, in quarto

di luna calante, mentre leggi

e dialoghi con Lucrezio

di amanti stremati vinti

da una legge che li rovescia,

mentre questa stessa luce da basso

consumo si fa blu

di Prussia e poi notte

tu che sogni e non sogni

raccogli ora la tua mente

rafforzala in voragini,

ricapitola il nulla

con tutto quello

smarrimento dentro.

È la vita che sfugge.

Non smuoverà l’inclinazione

tranquilla degli astri

la capriola tra due cuscini,

la tua ricerca della parola,

di quella che libera

dalle parole

e da tutto il resto.

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Sì, andremo, faremo, saremo”

figure di passaggio

tra i posteggi stretti

delle strisce blu.

Intanto accosto e ti lascio

una mano sospesa

sulla spalla.

Ogni cosa vuole la sua

assenza.

E anche questa è un’ora

qualunque, vedi

quel raggio di luce incidente

sul parabrezza, è sole

calante, rimbalzo

che svapora

tra i come e i perché

sono date a noi

le nostre porzioni d’ombra.

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Oggi lasciamo le cose

desiderabili a quelli

che le desiderano,

la douceur de vivre

alle stelle scure, noi

cronometristi tristi

di un tempo che trema.

Così, tra uomini.

Cade giusto invece

con una sua ambizione

**

dimenticate al fondo

del bicchiere, richiamano

il nostro sonno,

quello di un tempo

quando

di notte

sapevamo tutto.

In media nocte

ti svegli e accendi

una luce improvvisa

pulsante di luna.

C’è sempre qualcuno

da non vedere.

Si fa incontro

lo straniero, a lato

dalla parte inattesa

del comodino,

gesticolando, mostra

la lingua. E’ nel punto

più cieco del tuo sguardo.

Tu obbedisci, in ritardo

obbedisci al dio

del battito di ciglia.

Eri tutto questo, il cielo

e il fondo del cielo.

Non lo sapevi…

non lo sapevi?

La stessa chiara finestra

quella grande, prima aperta

sul blu e rosa

ora ti inquieta

in figura di macchia

sconosciuta

la tua

maestra di tutti i volti.

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Le udiamo anche noi, le smarrite

le parole che salgono

dal pianterreno, come per sfida,

le udiamo

Parole che soffrono

la passione delle donne

per l’ignoto, memorie

di sottocoscienza.

Ascoltiamo notte e giorno

al calduccio, dietro le persiane

senza capire

ciò che accade

in un controtempo

che ci fa anche sapienti.

Per te che vivi

nella voce altre voci

più disarmate

per te solfeggio

al telefono i nomi

bellissimi della

tua resa, quella

che non separa

la vita esposta, lontana

dalla carta e

da questa camera da letto.

Esercizi di strana quiete

nel capodanno di quattro

pareti, bicchieri di cristallo

e poca luce

filtrata da sotto.

Anche di notte, soprattutto di notte

panta rhei.

**

Dice che va bene così,

nel lato triste della donna

verso sera, quando ritira

il bucato dalla pioggia

e lo piega all’ombra

visibile di armadi colmi

di un altro tempo.

Un senso di scongiuro

una distanza

che ha già mischiato

il puro con l’impuro.

“Si viene qui al mondo per vivere”

“No, per morire”

corregge a bocca socchiusa

in lingua da gitana.

**

Parliamo tra di noi di vita

celestiale, parole spente

sul finale col frastuono

del tram.

Scivolerà adesso tutto

un fiume di creature

mute in attesa del verde

alla fermata, carne e ossa

e mani in tasca, come

costretti a vivere.

Scatteranno

assieme, proveranno

il loro dribbling.

Da qui intanto si legge l’insegna,

il monito

al neon della pizzeria accanto:

“Ieri Oggi Domani”.

Niente di più, niente

di meno, niente

altro che questo

pulsare del Tempo sopra

un Tempo che esiste e non esiste

mentre questa rimane la via

di casa, la via di scampo

simile a nessun’altra, riassume

le nostre svolte.

Si va…

sempre un nome, sempre

quello, col passo

doppio delle sue varianti

ci corre dietro, ci rincorre

fino a battere sui vetri.

**

Una stanza così, pronta

al buio, dove puoi mettere

la frutta, le noci, con tutta

la vita inconsapevole,

e il malumore dei poeti.

A volte qui si chiudono

le imposte per non vedere

fuori quel blu d’ignoto

che gocciola per tutta la casa

adesso, con la pioggia.

Non guardare da quella parte,

c’è il libro aperto a metà

che parla antico.

C’è la notte

dei bar, dei motel

senza nessuno.

E l ‘oltremare.

**

Sono tutte cose che si ricordano,

alfabeti sparsi in mente, frammenti

di qualche lettura di scuola

così come vengono,

momenti di un cielo

pensato in un desiderio

di cielo.

All’improvviso, un allegro

feroce, e le stesse cose

ora ripiombano dure

in voce d’ingorgo

sotto la pioggia, mentre

ripieghi i soldi nella tasca

sinistra, e non sai

che dire, come rispondere

al venditore di fumo,

a quel suo “Dario,

prendere o lasciare”.

**

Di nuovo notte.

E’ un libro aperto il cuore

della notte

si mescola in mente

e nella stanza sempre

più vicino

alla porta d’ingresso

come un nonnulla svolazza

nel cielo dei pensieri

Verrà risucchiato

da questa grafia buia

insonne, che ora fatica

rallenta sulla parola “spasmo”

o “amarezza” o “colpa”.

Soprattutto colpa.

**

È nello sguardo più vero

quello incrociato, a chiasmo

inconsapevole

di noi

e di come sarà

in un giorno qualunque

il turbamento

o anche il mezzo sorriso

accennato proprio quando

tutto un ritmo d’onda

e sponda

avrà ricongiunto

la vita così com’è

con l’alfabeto che la scrive.

**

Si lasciava guardare, sembrava

voltata dalla mia parte

la logica dei lampi

in direzione di vento

e lo stato del cielo, a pensarlo

così, con gran giro di parole

(parlare è una cosa seria) poi

la schiarita, il volto imprevisto

di una luna stravagante, lì

in fondo al blu

ogni cosa è più distante

adesso

come quando la vita

torna sopra

l’orizzonte.

Vera e non vera.

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Nicolas De Staël

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