
Nicolas De Staël
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Ma anche così, in quarto
di luna calante, mentre leggi
e dialoghi con Lucrezio
di amanti stremati vinti
da una legge che li rovescia,
mentre questa stessa luce da basso
consumo si fa blu
di Prussia e poi notte
tu che sogni e non sogni
raccogli ora la tua mente
rafforzala in voragini,
ricapitola il nulla
con tutto quello
smarrimento dentro.
È la vita che sfugge.
Non smuoverà l’inclinazione
tranquilla degli astri
la capriola tra due cuscini,
la tua ricerca della parola,
di quella che libera
dalle parole
e da tutto il resto.
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Sì, andremo, faremo, saremo”
figure di passaggio
tra i posteggi stretti
delle strisce blu.
Intanto accosto e ti lascio
una mano sospesa
sulla spalla.
Ogni cosa vuole la sua
assenza.
E anche questa è un’ora
qualunque, vedi
quel raggio di luce incidente
sul parabrezza, è sole
calante, rimbalzo
che svapora
tra i come e i perché
sono date a noi
le nostre porzioni d’ombra.
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Oggi lasciamo le cose
desiderabili a quelli
che le desiderano,
la douceur de vivre
alle stelle scure, noi
cronometristi tristi
di un tempo che trema.
Così, tra uomini.
Cade giusto invece
con una sua ambizione
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dimenticate al fondo
del bicchiere, richiamano
il nostro sonno,
quello di un tempo
quando
di notte
sapevamo tutto.
In media nocte
ti svegli e accendi
una luce improvvisa
pulsante di luna.
C’è sempre qualcuno
da non vedere.
Si fa incontro
lo straniero, a lato
dalla parte inattesa
del comodino,
gesticolando, mostra
la lingua. E’ nel punto
più cieco del tuo sguardo.
Tu obbedisci, in ritardo
obbedisci al dio
del battito di ciglia.
Eri tutto questo, il cielo
e il fondo del cielo.
Non lo sapevi…
non lo sapevi?
La stessa chiara finestra
quella grande, prima aperta
sul blu e rosa
ora ti inquieta
in figura di macchia
sconosciuta
la tua
maestra di tutti i volti.
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Le udiamo anche noi, le smarrite
le parole che salgono
dal pianterreno, come per sfida,
le udiamo
Parole che soffrono
la passione delle donne
per l’ignoto, memorie
di sottocoscienza.
Ascoltiamo notte e giorno
al calduccio, dietro le persiane
senza capire
ciò che accade
in un controtempo
che ci fa anche sapienti.
Per te che vivi
nella voce altre voci
più disarmate
per te solfeggio
al telefono i nomi
bellissimi della
tua resa, quella
che non separa
la vita esposta, lontana
dalla carta e
da questa camera da letto.
Esercizi di strana quiete
nel capodanno di quattro
pareti, bicchieri di cristallo
e poca luce
filtrata da sotto.
Anche di notte, soprattutto di notte
panta rhei.
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Dice che va bene così,
nel lato triste della donna
verso sera, quando ritira
il bucato dalla pioggia
e lo piega all’ombra
visibile di armadi colmi
di un altro tempo.
Un senso di scongiuro
una distanza
che ha già mischiato
il puro con l’impuro.
“Si viene qui al mondo per vivere”
“No, per morire”
corregge a bocca socchiusa
in lingua da gitana.
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Parliamo tra di noi di vita
celestiale, parole spente
sul finale col frastuono
del tram.
Scivolerà adesso tutto
un fiume di creature
mute in attesa del verde
alla fermata, carne e ossa
e mani in tasca, come
costretti a vivere.
Scatteranno
assieme, proveranno
il loro dribbling.
Da qui intanto si legge l’insegna,
il monito
al neon della pizzeria accanto:
“Ieri Oggi Domani”.
Niente di più, niente
di meno, niente
altro che questo
pulsare del Tempo sopra
un Tempo che esiste e non esiste
mentre questa rimane la via
di casa, la via di scampo
simile a nessun’altra, riassume
le nostre svolte.
Si va…
sempre un nome, sempre
quello, col passo
doppio delle sue varianti
ci corre dietro, ci rincorre
fino a battere sui vetri.
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Una stanza così, pronta
al buio, dove puoi mettere
la frutta, le noci, con tutta
la vita inconsapevole,
e il malumore dei poeti.
A volte qui si chiudono
le imposte per non vedere
fuori quel blu d’ignoto
che gocciola per tutta la casa
adesso, con la pioggia.
Non guardare da quella parte,
c’è il libro aperto a metà
che parla antico.
C’è la notte
dei bar, dei motel
senza nessuno.
E l ‘oltremare.
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Sono tutte cose che si ricordano,
alfabeti sparsi in mente, frammenti
di qualche lettura di scuola
così come vengono,
momenti di un cielo
pensato in un desiderio
di cielo.
All’improvviso, un allegro
feroce, e le stesse cose
ora ripiombano dure
in voce d’ingorgo
sotto la pioggia, mentre
ripieghi i soldi nella tasca
sinistra, e non sai
che dire, come rispondere
al venditore di fumo,
a quel suo “Dario,
prendere o lasciare”.
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Di nuovo notte.
E’ un libro aperto il cuore
della notte
si mescola in mente
e nella stanza sempre
più vicino
alla porta d’ingresso
come un nonnulla svolazza
nel cielo dei pensieri
Verrà risucchiato
da questa grafia buia
insonne, che ora fatica
rallenta sulla parola “spasmo”
o “amarezza” o “colpa”.
Soprattutto colpa.
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È nello sguardo più vero
quello incrociato, a chiasmo
inconsapevole
di noi
e di come sarà
in un giorno qualunque
il turbamento
o anche il mezzo sorriso
accennato proprio quando
tutto un ritmo d’onda
e sponda
avrà ricongiunto
la vita così com’è
con l’alfabeto che la scrive.
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Si lasciava guardare, sembrava
voltata dalla mia parte
la logica dei lampi
in direzione di vento
e lo stato del cielo, a pensarlo
così, con gran giro di parole
(parlare è una cosa seria) poi
la schiarita, il volto imprevisto
di una luna stravagante, lì
in fondo al blu
ogni cosa è più distante
adesso
come quando la vita
torna sopra
l’orizzonte.
Vera e non vera.
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Nicolas De Staël
