Baden Baden, 15 gennaio 1964.
Cari signori,
non vi ruberò troppo tempo. Il mio nome è Robert Mächler. Questa mia breve relazione nasce dalla mia lunga solidarietà con il grande scrittore Robert Walser, di cui mi onoro di aver decifrato i manoscritti e interpretato alcuni dettagli biografici. Io avevo diciannove anni (scuserete questa digressione personale, ma mi è utile per chiarirvi il senso della mia brevissima relazione) e non conoscevo affatto la sua opera quando, disgustato dalla normalità della mia famiglia (mi amavano, non mi picchiavano, erano solo buoni), me ne allontanai, mi finsi pazzo e passai un certo periodo di tempo nella Maison de Santé de Malevoz, tentando di scrivere il mio libro Come tacque Zarathustra, articolando scrupolosamente il mio suicidio perché morendo avrei salvato l’umanità. Cercavo le Sette Regole della Salvezza quando, come per incanto, leggendo avventurosamente e casualmente un libro di Robert Walser (che oggi neppure ricordo), scoprii le Sette Regole del Silenzio – Prudenza, Segretezza, Simulazione, Sogno, Fantasticheria, Metamorfosi, Malinconia. Le scoprii intatte, perfette, indissolubili, nei criptici appunti a matita delle sue micrografie, dipanati in quel modo austero, fittissimo, fatto proprio per non dire, scritti nell’ingenuo desiderio che le sue frasi incompiute e gentili alla fine ricoprissero l’irritante e rumorosa superficie del pianeta come un lungo manto di neve, dopo una lunga notte d’inverno, ricopre l’intero paesaggio. La scrittura, liberata e indifferente, è solo una silenziosa conversazione con il proprio segreto. E Robert Walser, a cinquant’anni come io a diciannove, dopo romanzi, prose, racconti, poesie, ha finto di essere pazzo; internato prima a Waldau e poi a Herisau, ha intrecciato mitemente canestri, in silenzio, senza più pronunciare e scrivere parole, lo ha fatto perché solo così poteva servire il Grande Ordine della Struttura Chiusa e realizzare le Sette Regole del Silenzio, smettere di fare il girovago di una scrittura senza fine, essere senza più dolore l’anacoreta del nulla, approdare, infine, all’incantesimo di una neve senza suoni. Vi assicuro, signori, che Robert ha simulato la follia solo per essere più vicino alla sua mente e il più lontano possibile dal mondo. È stato prudente. Si è chiuso nel suo segreto. Ha simulato la follia trasformandosi in un matto. Ha continuato a fantasticare e sognare. È rimasto malinconico. Vedete: Prudenza, Segreto, Simulazione, Metamorfosi, Fantasticheria, Sogno, Malinconia.
Questo io ho cercato di dimostrare, interpretando la sua opera come devono fare i puri interpreti, avvicinandosi e allontanandosi dal loro oggetto, tra le sabbie mobili e il cielo puro. Il fuoco arde con maggiore precisione se al suo interprete è concesso di non accostarsi troppo alle fiamme, consumando così tutto l’enigma. Di tante, troppe ceneri sono pieni i cimiteri della critica tradizionale, attenta più alle tracce dei libri che alle anime degli scrittori.
Direi che non ho nulla da aggiungere.
Lascio tutto lo spazio ai (veri?) interpreti che vi parleranno dell’opera (opera?) walseriana.
Io torno a casa per trovare la Grande Regola della Salvezza con la quale potrò, finalmente, far quadrare il Magico Cerchio dell’Umanità. Solo chi scorge i contorni di questo cerchio riesce a vedere, intera e perfetta, l’ombra del suo corpo, e non ha più bisogno di nulla.
Vostro Robert Mächler


