LA CIVILTA’ DELL’APOCRIFO. Alfonso Guida

Per “essere” altri bisogna essere colti e soprattutto civili. L’apocrifo è più di una dedica. È atto di civiltà. Di assunzione del tutto che è l’altro sull’eterna incompiutezza di sé. Forse è un gesto quaresimale, un atto d’amore.

Non è né una dedica né un omaggio. L’apocrifo non prevede distanze ma una testa che si capovolge per affondare: un io nell’io. Ma un io che non crede di essere, che non vuole esistere. Un io che forse si è eclissato, una specie di suicidio esistenziale, e torna, come uno di quei demoni di cui parla l’antropologia culturale, la tradizione del negativo del Sud e del mondo filosofico-religioso-ebraico. Negativo come doppione oscurato. E il tuo io è il negativo di Osip e di tutti quelli da cui ricevi ferita.

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