ALA. Nunzio

Ricordi di Nunzio (2024).

Cosa ricordo di quegli anni? A partire dal 1985 ho introdotto materiali nuovi nella mia scultura: nero fumo, pece, cera, piombo, legni lavorati con scalpello e sega. Ricordo Talismano, dove un cuneo in piombo dialoga con un fondo ligneo segnato dal carbone, Meteora, dove il taglio verticale della forma è mescolato a una componente orizzontale stabile. E L’Aperto (1987), dove il legno, bruciato per evidenziare venature e trasparenze, viene spogliato di ogni riferimento naturalistico per diventare rigorosa misura mentale. Allora Giuliano Briganti parlò di gusci di grandi testuggini marine trovati su una spiaggia deserta, corrosi dal vento e dalla salsedine. Altri titoli mi vengono in mente: Spleen, Conca, Granito.

Ma uno su tutti: Ala. Non è una vera ala, come quella che scolpii in quegli anni, nell’imminenza del suo fluttuare, ma la punta bruciata di un meteorite conficcato nella terra, che un giorno volò. Ma in quale giorno? La scultura, essendo composta di materia, si presta a rappresentare temi astratti: si crea, nel legno o nel bronzo, un contrasto felice con l’aria dei pensieri. Ciò che resta, dell’homo faber, è l’ustione del fuoco. Io, Nunzio, lo so.

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