L’AMICIZIA. Jean Dubuffet

A Jean Paulhan

sabato 11/3/1944

Caro signore,

è bello pensare che le cose veramente valide, le conquiste veramente valide non si pagano, non hanno prezzo. Una cena da Maxim’s va benissimo, è ovvio, o almeno dovrebbe, ma cos’è, per esempio, rispetto al guardare le foglie di un pioppo che stormiscono, o all’immergere la mano nell’acqua di un ruscello. O all’incontrare per strada un passante che vi accompagna e vi parla. Vi offre la metà della sua mica di pane. Parla piacevolmente bene talvolta (sovente): con arte. Parlare è un’arte, esattamente come dipingere. Gesticolare pure è un’arte. Quelli che lo fanno bene, come capita di vedere nelle locande di campagna, non lo fanno per caso, è un qualcosa di coltivato da costoro con grande cura, più volte ripetuto, messo a punto, fonte di grande gioia, un gioco, un graziosissimo gioco che delizia la vita di chi ci si dedica. Riguardo a vendere le sue chiacchiere… sarebbe piuttosto pronto a pagare affinché si stesse ad ascoltarle. È lui quello che si diverte di più nell’affare. Il mio piccolo gioco per me è esattamente così e intendo mantenerlo su questo piano, sicuro che sarebbe meglio distruggerlo anziché chiamarlo un giorno per nome: chiamarlo “arte” – una parola che non dovrebbe mai essere pronunciata, una parola che uccide nell’istante il suo oggetto. Di quest’opera, che sarei più contento io di offrirle che non lei di ricevere, e che si pone su un piano del tutto disinteressato a quello del prezzo, lei mi pagherà dunque, se vorrà, non in contanti, ma in natura, con la più preziosa derrata del mondo: l’amicizia.

*Il testo è tratto da: Jean Dubuffet, Piccolo manifesto per gli amatori di ogni genere, a cura di Alessandra Ruffino, Allemandi editore, Torino 2021.

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Immagine di Jean Dubuffet

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