A MARGINE

Da “ARCA” a “I LIBRI DELL’ARCA”.

Trent’anni di un’avventura letteraria

Marco Ercolani, Lucetta Frisa, Elio Grasso, Massimo Morasso,

Luigi Sasso, Giuseppe Zuccarino

A margine è il titolo di due incontri che si terranno alla Biblioteca Universitaria il 18 e il 20 febbraio 2025. Tali incontri, nei quali si intende ripercorrere l’itinerario della rivista “Arca” e della collana “I libri dell’Arca” (esposti in Biblioteca dal 5 al 28 febbraio 2025), riguarderanno la memoria (quella di una sotterranea Genova letteraria) ma anche il futuro. Non si tratta infatti di cercare oggetti del passato da archiviare, bensì di continuare un viaggio fra testi, curiosità, sogni e progetti, richiamando scritture che ne evocano altre, presenti o future. Ma di questo viaggio letterario, che ha avuto luogo a Genova dal 1992 a tutt’oggi, cosa resta? Poeti, narratori, critici, saggisti, cosa hanno tentato di fare, e in quale punto della loro strada si trovano? Quali vie hanno già percorso e quali intendono percorrere, all’interno di una ricerca che è anche un’ipotesi di libertà? Ciò che accomuna gli scrittori coinvolti nel “progetto Arca” è una visione del mondo attenta ai nodi segreti dei destini e delle scritture.

Tutto nasce, alla fine del 1992, dal desiderio condiviso di realizzare una rivista che ospitasse testi rari e di qualità. Marco Ercolani, Lucetta Frisa, Elio Grasso, Giuseppe Zuccarino, si incontrano per realizzare tale progetto, e più tardi ai primi redattori si aggiungerà Luigi Sasso, mentre a Elio Grasso subentrerà Massimo Morasso. Intanto, perché il nome “Arca”? L’arca è una nave che custodisce, preserva, salva. Quindi la prima idea è quella di “salvare” (pur nella consapevolezza che nulla si salva in arte, e tutto è destinato a perdersi). Ma cosa? Scritture che siano degne di essere salvate.

Partiamo dall’inizio. I testi da noi tradotti e scelti erano affidati a buste, sulle quali era stampato il logo ARCA (idea dell’editore Franco Pirella, a partire dal segno di Ugo Nespolo). Le buste, dal 1992 al 1996, venivano spedite a quaranta amici. Questa è stata la prima serie di “Arca”, tutta artigianale, un atto clandestino di cultura, letteratura, amicizia, con testi da scoprire o riscoprire. Sono seguiti trent’anni di un’avventura letteraria comune, con soste e ripensamenti, ma sempre alla ricerca di linee espressive condivise. “Arca”, però, è anche un progetto utopico, perché rivista e libri esistono, sì, ma all’interno di un mondo segreto, ignoto ai più, non allineato, refrattario alle luci pubbliche dei palcoscenici letterari, e molte delle pubblicazioni di allora sono ormai introvabili. Occorre tener presente che quando nacque “Arca”, nel 1992, i social media non esistevano e non si navigava nel web.

Dopo i primi 40 numeri (spediti ad altrettanti amici), ci siamo organizzati in maniera tale da poter pubblicare una rivista tradizionale, benché prodotta in un numero di copie limitato a 100. La nuova “Arca” si presentava suddivisa in varie sezioni: Segnali (traduzioni da classici antichi e moderni), Destini (storie e opere di artisti), Variazioni (temi per noi significativi), Sinopie (testi critici e teorici sulla pittura), Graffiti (interventi visuali di artisti).

Alla traduzione si è affiancata la volontà di mettere in evidenza certi “destini artistici” che ci parlavano per originalità, potenza, unicità, come quelli di Alberto Giacometti, Louis-René des Forêts e Henri Michaux (il primo è oggi universalmente noto, ma gli altri restano ancora patrimonio della sola élite culturale). Infatti non ci attrae un Picasso celebre e potente,, ma piuttosto un Giacometti che scava e rimpicciolisce. Non siamo sedotti dalla visibilità del successo, ma dall’oscurità della follia e del dubbio (Artaud, Walser, Kiš). Per fare un ulteriore esempio, se volessimo chiamare in causa il surrealismo, non parleremmo del vate Breton, ma di scrittori estromessi da quel movimento, come Artaud, Leiris o Char.

I temi prediletti di “Arca” sono la follia (alla quale vengono dedicati due fascicoli, intitolati rispettivamente Arte e follia e Dalla febbre al limite: l’arte necessaria), oppure lalettera e il diario, considerati come generi letterari strettamente legati al segreto, all’intimità. Alle traduzioni, ai destini artistici, ai temi, si affiancano dei “segnali”, vale a dire prose e poesie di autori contemporanei. Anche in questo caso, però, la scelta non cade su autori celebri, ma su personalità defilate, libere, bizzarre. Non ultimi fra gli interessi di “Arca”, ci sono i testi in cui artisti come Wols, Fautrier, Bacon o Tàpies riflettono sul loro lavoro.

L’idea dominante è quella di una letteratura libera e inattuale, che non occupi il centro del mondo, non obbedisca a ideologie e proclami, ma vibri di qualcosa che ci sorprende. Vivere il margine delle cose, come si propone di fare “Arca”,significa conoscere, ad esempio, scrittori come Edmond Jabès, che sono noti agli intellettuali ma non al grande pubblico. In “Arca” svolgono un ruolo dominante gli autori di area francese, anglofona o ispano-americana, e questo per scelta obbligata: nessuno di noi è specialista in altre lingue. La nostra intende essere un’avventura intorno all’abisso letterario, come lo è stata, in grande stile, quella di due classici del Novecento, Kafka e Beckett.

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E ora veniamo a “I libri dell’Arca”. Nel caso di questa serie di volumi, i redattori si sono ridotti a due, Marco Ercolani e Lucetta Frisa, ma il rapporto con gli altri collaboratori della rivista è rimasto intatto: ad essi, infatti, si devono molte opere o traduzioni che sono apparse nella collana. “I libri dell’Arca” sono suddivisi in tre sezioni: L’arte della follia, Isola delle voci, Segni e visioni. Lo spirito resta quello che aveva nutrito la rivista. In primo piano c’è l’attenzione verso la zona oscura della mente: basti pensare a lavori di Marco Ercolani come Il tempo di Perseo e Discorso contro la morte, o a un libro di Dieter Schlesak su Hölderlin (che mette in luce dettagli poco noti sulla vita del poeta), a volumi poetici e saggistici di Bernard Noël come L’ombra del doppio o Artaud e Paule, tradotti e curati da Lucetta Frisa (la quale ha riscoperto anche poeti francesi quasi del tutto inediti in Italia, come Maurice Scève, Alain Borne e Claude Esteban).

Quello che stiamo realizzando – in collaborazione e in armonia d’intenti con i responsabili delle edizioni Joker – è un lavoro da rabdomanti, attratti da libri che, per il nostro gusto, esigono di essere tradotti. Si tratta di opere caratterizzate da un perturbamento della bellezza classica, dalla ricerca di un tono poetico non allineato alla koinè dominante, ma ancora ricco di ombre e domande. Nella sezione L’arte della follia è uscito, un anno fa, Diari del transito, un libro-zibaldone di Alfonso Guida, poeta lucano che soffrì in passato di disturbi schizoaffettivi. Sono stati pubblicati anche dei volumi collettivi: Due ma non due (un catalogo di arte outsider), Perturbamento (un’antologia di prose e poesie il cui titolo riprende quello del celebre romanzo di Thomas Bernhard), La grazia e l’abisso (con saggi ispirati alla figura di Robert Walser). Si possono ricordare anche le riflessioni sulla poesia di Lumelli ed Ercolani (Cento lettere), i frammenti di Giuseppe Zuccarino (Grafemi, Rifrazioni e altri scritti), i saggi sulla letteratura di Luigi Sasso (Fuori dal paradiso, Vocazioni, A fondo perduto).

Ma perché pubblicare volumi estranei al mercato letterario? Il nostro intento è quello di sottolineare come la bellezza non sia un regno preordinato, confortevole, tranquillo, ma richieda il rischioso inoltrarsi in un territorio sconosciuto. Ciò che conta non è soltanto l’eleganza formale della scrittura, ma la sua intensità, il turbamento che provoca. Una letteratura senza gli anomali Lucrezio, Leopardi, Baudelaire, Kafka o Artaud sarebbe impensabile.

Per i libri della collana, abbiamo adottato un formato particolare, che ricorda quello di una rivista psicoanalitica genovese, “Fanes”. Ciascuno dei volumi si presenta come un elegante rettangolo bianco con il titolo in rosso e un particolare logo (già usato per la rivista “Arca”) che riproduce un antico sigillo. Il passaggio a “I libri dell’Arca” è stato per noi naturale. Dapprima, la rivista era un campo magnetico di libertà, ma poi sono subentrati il web e i blog, che hanno preso il sopravvento sui periodici cartacei, e abbiamo inventato una nuova rivista online “La foce e la sorgente” (titolo desunto da un verso del poeta Lorenzo Pittaluga, morto suicida a 28 anni nel 1995), che ha ospitato, dal 2018 al 2022, scritti e traduzioni in sintonia con le precedenti iniziative.

In conclusione, si può dire che tutti i testi pubblicati nell’ambito del “progetto Arca” costituiscono, barthesianamente, i “frammenti di un discorso amoroso”. Nel nostro caso, si tratta della ricerca di consonanze letterarie, di galassie parallele, utili a stimolare nuove avventure della mente. Per dirla con Federico García Lorca, il duende (ossia il folletto misterioso e ineffabile) della nostra storia è stata la comune suggestione per i punti oscuri ed enigmatici del pensiero o della poesia. E nonostante il passare dei decenni, è ancora viva in noi, parafrasando Bataille, l’idea della “comunità di coloro che non hanno comunità”: uno spazio, quindi, senza vincoli e ideologie, nel quale ci si possa sempre incontrare, oltre i limiti della vita e della morte, fra letture, appunti, scritture.

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