*I testi sono tratti da Paolo Valesio, Il regno doloroso, Edizioni dia-foria, collana floema, Viareggio, 2024.

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I veri scrittori non tradiscono mai se stessi e tornano a ri-considerare le proprie tracce. È il lavoro, qui, di Paolo Valesio che ripubblica, per le edizioni dia-foria, il romanzo Il regno doloroso, terminato di scrivere fra il 1981 e il 1982. L’antico romanzo, dove prosa e poesia si confrontano in un dialogo serrato sulla contemplazione delle cose del mondo attraverso gli occhi dei tre protagonisti, è vivissimo nella memoria e nelle riflessioni del suo autore. Questo non è un romanzo sperimentale ma l’esperimento di un romanzo dove tre personaggi. Leo, Aurelio e Doriana, vivono la loro quotidianità, descritta da una voce narrante, in mezzo a spostamenti continui tra Vecchio e Nuovo Mondo. Dal loro vivere, e dalle loro differenze, emerge l’acuità dolorosa con cui vengono osservati eventi anche minimi. L’acuminata contemplazione delle cose del mondo, nei loro dettagli, procura piacere e dolore. Il “regno doloroso” non è l’arido segno di un’assenza: è un mondo affollato che trasmette affanno e gioia, e testimonia la presenza del sacro. Il sacro si manifesta in modo frammentario e degradato, in forma di “epifanie soffocate”, come quando descrive l’orgasmo felice di Aurelio mentre descrive l’esecuzione della “Quinta” di Beethoven diretta probabilmente, Valesio non lo nomina, da Guido Cantelli, il grande direttore d’orchestra morto a neppure quarant’anni in un incidente aereo). Il sacro è indissolubilmente legato alla fenomenologia della carne e dei sensi.
Chi si trova a leggere oggi questo libro, a distanza di oltre quarant’anni dalla sua stesura, sarà sorpreso dalla felice inattualità di pagine ancora feconde e presenti. Il primo che lo rilegge è proprio il suo autore che, nelle pagine finali della nuova versione, riporta frammenti illuminanti del suo diario d’autore, di cui riporto due appunti datati 12 settembre 2023 e 14 settembre 2023: «Mi rendo conto adesso che questo romanzo non riflette soltanto un modo di vedere la realtà, ma anche un modo di vedere i film. Amo gli spettacoli teatrali e la letteratura più del cinema. Ed è forse per questo che, come spettatore di film, sono sempre stato più interessato ai dettagli minori e minimi (gli abbigliamenti degli attori, i loro piccoli gesti “quotidiani”, i mobili e oggetti d’arredamento, i particolari del paesaggio, ecc) che alla trama e al messaggio”!». «Nel modesto regno del presente romanzo, ciò che viene escluso è altrettanto importante di quello che vi è incluso. Questa narrazione esclude: la vita interiore, la storia, la società e la natura. E allora, che cosa include? Tutto il resto. Come, per esempio, la corrente che scorre sotto tutta la non-narrazione: il senso o sentimento di solitudine dei personaggi (senza età definita, ma ancora giovani). Senso/sentimento intensificato dalla loro condizione di espatriati e viaggiatori».
Nel Regno doloroso persiste l’interrogazione accanita di oggetti ed episodi da cui potrebbe scaturire la scintilla di una visione che trasforma le descrizioni in epifanie significative di certi momenti esistenziali. L’interrogazione è accentuata dalla voluta trasformazione del tessuto prosastico-romanzesco nei ritmi complessi di una poesia narrativa. Il progetto speciale (utopico?) a cui Valesio lavora dal 1987 è la Tetralogia: un complesso di quattro diversi “romanzi quotidiani”, che comprende a tutt’oggi circa 20.000 fogli manoscritti, per la maggior parte inediti: una sorta di “Commedia” che ha il fascino di una laboriosa e inattuale “riorganizzazione” del mondo.
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L’attore si prodiga solo, seduto a una tavola disadorna (con l’occasionale aiuto di qualche disco) in un monologo brillante, molto lungo. Il pubblico è generalmente favorevole: segue con attenzione, ride.
L’attore guarda soprattutto davanti a sé –
con polita attenzione osserva, come in una conversazione, i volti degli spettatori di fronte a lui –
e ogni tanto si volge nettamente alla sua destra o alla sinistra, dove altri spettatori stanno seduti
(la saletta non è molto grande).
Alla sua sinistra sta,
seduta sul termosifone spento,
una ragazza: graziosa alta bionda gambe lunghe.
Ha l’aria imbronciata (e viziata). Guarda l’attore al lavoro con un atteggiamento manifestamente ostile; è accigliata, sembra scandalizzata. Ogni tanto ride, in modo secco e breve;
poi di botto si ferma e s’incupisce –
è come se la risata le fosse stata strappata a forza, ed essa subito s’irritasse
per aver dimostrato debolezza,
Sente, l’attore,questa vibrazione fredda di ostilità? Forse – ma non pare risentirne effetto; questa ostilità sembra spingerlo a essere particolarmente vivace.
Chiude il suo monologo alzandosi da dietro il tavolo, ringraziando il pubblico; subito scoppiano gli applausi –
e l’attore si muove alla sua sinistra dove, sporgendosi sopra il termosifone, accende l’interruttore che fornisce la luce piena alla sala (fino ad allora in penombra intorno al cono di luce della lampada sul tavolo).
Per far questo l’attore deve passare con il braccio sulla testa della ragazza bionda; non può non notare che –
sola, sembra in tutto il locale –
la ragazza resta seduta dov’era e non applaude. I loro sguardi non s’incrociano, l’attore esce lento senza volgersi indietro.
(da Il regno doloroso)
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Paolo Valesio, poeta, saggista e narratore, è professore emerito di letteratura italiana alla “Cattedra Giuseppe Ungaretti” presso l’Università Columbia di New York, dove ha concluso la carriera universitaria dopo i suoi studi e insegnamenti all’Università di Bologna, all’Università di Harvard, all’Università di New York e (durante un quarto di secolo) alla Yale University. Attualmente è Presidente del Centro Studi Sara Valesio (CSSV) a Bologna. Ha diretto la rivista “Yale Italian Studies” (1977-1978, 1980). Ha fondato e diretto lo “Yale Poetry Group”, riunione bi-settimanale di discussioni e letture poetiche (1993-2004). In particolare, ha fondato e diretto la rivista “Yale Italian Poetry — YIP” (1997-2005), diventata dal 2006 a Columbia “Italian Poetry Review – IPR” e che continua a essere attiva tra New York, Firenze e Bologna, ed è co-direttore della collana di poesie e saggi “Ungarettiana”, pubblicata da IPR. Dirige la collana teatrale “Persona” per le edizioni puntoacapo, collabora al quotidiano online “ilSussidiario.net” (www.ilsussidiario.net). Fra i libri di critica: Strutture dell’allitterazione: Grammatica, retorica e folklore verbale, 1968; Ascoltare il silenzio: La retorica come teoria, 1986 Novantiqua); Gabriele d’Annunzio: The Dark Flame, 1992. Dopo un primo romanzo ancora inedito, Valesio pubblica due romanzi: L’ospedale di Manhattan (1978), Il regno doloroso (1983) e il romanzo-saggio Dialogo coi volanti (1997). Oltre a 19 raccolte di poesie, pubblica un poema drammatico, Il Testimone e l’Idiota. Ha ricevuto due premi alla carriera: “Premio Internazionale Senigallia” (2007) e “Premio Civetta di Minerva” (2018). Lavora a una Tetralogia costituita da un complesso di quattro diversi “romanzi quotidiani”.

