Marlène Dietrich confessa a un giornalista francese il suo amore per Alberto Giacometti (1988).
Fu uno splendido amante, Alberto. Un po’ troppo silenzioso. Conservo una sua statuina accanto al mio letto, così grigia e sottile. Ricordo che mi adorava, che parlava del mio silenzio animale. Non gli piacevano le donne che chiacchieravano troppo: era incantato da come von Sternberg fotografava il mio volto quando cantavo, in Shangai Express. Diceva che avrebbe voluto fare lo stesso per le sue teste, fotografarle con la stessa perfezione, ma sarebbe stato un fallimento. “Io non seduco le mie vittime, io le catturo”, diceva. Ma adesso è meglio che ricordi altro. Io sono sempre vissuta per la libertà. Chi ho amato, non si è fermato con me. Difficilissimo è stato lasciare Von Sternberg: lui mi aveva imprigionata benissimo. Ma entrambi sapevamo che doveva finire.
Ora, chi bussa alla mia casa dice che io non rispondo mai, che sono pazza. Ma perché? Non voglio vendere il mio viso invecchiato a nessuno: è solo mio. Questa non è follia: questo è conservare il segreto. Anche quello del mio amore per lui, grande testa da accarezzare.



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