
Giovanni Castiglia, Gioco di terra
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L’ossessione è il passo intrappolato nel confine della sua forma. È qualunque cosa inciampi nelle sue impronte e là resti. È la durata del lampo, il discorso che racconta le sue parole nei frammenti di René Char. È la perfezione claustrale della quadratura del cerchio. È la circolarità diagonale dell’alfabeto mistico. È totalizzazione sepolcrale e modello matematico dell’uno. È la risoluzione del plurale atomico in Dio. È forza di risucchio e istante di atomo. L’ossessione è il cerchio dell’aureola di Cristo nella Flagellazione di Piero della Francesca. È la permanenza dell’apparizione, è l’immagine che giunge dalla notte dei tempi – dice Jean-Luc-Godard – e si trasforma in sistema filosofico, in assetto organizzativo di pensiero, forma mentis, personalità, linguaggio, modus vivendi, fondamento. È caposaldo dell’universo privato di un io inutile, immutabile, problematico e schivo al diveniente. L’ossessione è il sesso. L’ossessione è Dio, il sesso è sperimentazione terrestre di Dio. Dio è il chiodo, non necessariamente sessuale, che da’ senso alla disperazione interna dell’esodo. L’ossessione è la mano che incastona l’alveare chirurgico nel cavo della pietra irregolare del tempio.
