*I testi sono tratti da: Gian Luigi Paganelli, Il levarsi della luna e altre prose inedite, Ocra gialla. Viadelvento edizioni (a cura di Fabrizio Zollo), Pistoia 2023.

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In casa avevo alcuni mazzi di carte. Untuosissime, decrepite, sbocconcellate sulle punte, curve, come sezioni di cilindri, messe a marcire, e morire, in un lugubre cassetto, nel quale peraltro abitavano altri fantasmi; non così lisci e così complicati, per la qualità favolosa che la loro vecchiezza includeva, ma tuttavia fantasmi autentici, autenticabili come fantasmi, come tanti se ne trovano nella fumosa archeologia del tempo. Questi mazzi di carte erano tre. Uno era napoletano, insigne per me, a causa della incomprensibilità delle figure traslate in pura araldica o, comunque, emblemi fermi senza decifrazione; un altro era un mazzo di tarocchi, di cui ebbi sempre una così sottile paura che sconfinava nella più irrazionale delle fobie […] Ma il terzo era un mazzo di carte toscane, con la comunissima quaderna di fiori cuori picche e mattoni. Avevo sei anni. In quel sesto anno della mia vita esplosero carte cuori picche mattoni e fantasmi. Il tutto emerso dal quadrato sacro dell’ultimo cassetto […].
(Dal racconto Le carte da gioco)
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La scrittura di Paganelli ama mettere in scena piccoli “drammi” quotidiani, lievi ma decisivi scarti, trasformati in surrealtà totali (la mente va a un Landolfi, e al mondo in cartapesta di un un Gogol’), in mutamenti di pelle, in travasi sconcertanti dentro irrealtà parallele ignote e, ahinoi, nel contempo concretissime; ed ecco che con lo specchio per le allodole della visionarietà, una visionarietà mescalinica, da lucide, tangibili allucinazioni, si centra in pieno il camuffamento col quale agisce, e vi giace, il fragile guscio umano, la spoglia che ci portiamo in giro, e il suo appannaggio: la mediocrità. Perché Paganelli è scrittore alto, raro, di matrice patrizia, borgesianamente distaccato, e non può essere condotto, quindi dominato, che da due, diciamo, divinità: l’orrore e l’ossessione […].
(Da Appunti per Gianluigi di Alessandro Ceni)
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Gian Luigi Paganelli, nato nel 1935 a Pistoia, muore nella sua città natale nel 2018. Traduttore dai classici greci, stringe amicizia con Piero Bigongiari, Guido Ceronetti, Giorgio La Pira, Giuseppe Ungaretti. In vita pubblica il poema Fra le torri del tempo e la tragedia Tommaso Becket. I suoi innumerevoli racconti e saggi restano, nella maggior parte, inediti. A cinque anni dalla morte, emerge finalmente stima e attenzione per una scrittura surreale e aliena, senza antenati e senza eredi in Italia.

