
Giovanni Castiglia
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Accenno a due miei libri recenti (Sentinella, L’arcolaio 2022) e Nottario (I Quaderni del Bardo, 2023), perché ho voglia di parlarne. Perché sono le tracce più concrete dell’opera segreta che perseguo da decenni. Queste pagine non vanno confuse con un diario intimo: sono una serie irregolare di appunti, incursioni, aforismi, racconti, pensieri. Un taccuino senza biografia, se non quella del mio io scrivente catturato dalla composizione di note sospese tra filosofia, estetica e sogno. Mi sento, in qualche modo, la Sentinella del mio Nottario. Opere simili ne sono sempre esistite in ogni letteratura, dallo Zibaldone di Leopardi agli Appunti di Canetti ai Diari di Kafka. Opere che obbligano il lettore ad essere presente dentro ogni riga delle loro pagine, senza distinguere opera da opera, libro da libro, come quando il postino Ferdinand Cheval assemblava il suo Palais Ideal pietra dopo pietra, notte dopo notte, in decenni di semifolle lucidità, e ne venne fuori la struttura architettonica e inspiegabile di un palazzo.
Per una scrittura come la mia sarebbe appropriato il termine di mandato. Chi lo ha affidato, e a chi? Chi lo ha dettato, e a chi? Saperlo sarebbe risolvere il trauma della propria scrittura: irrisolvibile dall’inizio. Preferisco che l’io scrivente si abbandoni all’avventura, a un’esperienza di soglia che nasce dal sonno della ragione, dal desiderio di essere fuori di sé, dentro una qualche estasi (o balorda ossessione) di cui potrà parlare ma solo per frammenti, senza sapere se quei frammenti corrispondano a qualche verità. Il mandato è la fedeltà al mandato. La vita è la veglia che sfrutta il sonno perché emerga l’isola sommersa che ancora non esiste e che le parole edificheranno, instabile e necessaria — futuro arcano di visione, “solido nulla”, libertà opposta alla minaccia, follia viva contro regole morte. Come ci ricorda il compagno segreto Giacomo Leopardi: «Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi» (M.E.)
