Fritz Lang (1890-1976) aveva deciso di scrivere un suo breve lessico personale sul cinema. Qui si riportano i suoi primi appunti di lavoro, datati 1970. Una delle idee più originali e più forti del regista tedesco, molto distante dalla poetica di Renoir, è che ogni libertà è assente nel cinema e che lo spettatore è costretto a identificarsi solo con lo sguardo del regista.

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Morale
Ogni atteggiamento creativo è morale, anche quando si tratta di una menzogna. Anche mentire è morale, se inventa nuove forme di vita, nuove ipotesi di salvezza.
Idee
Realizzo ogni film come se fossi un sonnambulo. Ma nessuno di essi è riuscito a tradurre in modo adeguato quella prima idea, tra reale e irreale, che lo ha fatto nascere.
Spontaneità
La spontaneità deriva da una minuta attenzione al particolare e dall’esercitazione costante. Il disinvolto scatto del pollice che ferma l’automobilista che passa è il frutto di continui appostamenti dell’occhio sulla realtà. La celebre scalinata della Corazzata Potemkin non sarebbe nulla senza quella bocca, quella culla, quel paio di occhiali.
Bianco e nero
Il solo colore possibile del cinema è un bianco e nero molto contrastato dove sia evidente il conflitto dei personaggi con la loro storia.
Colore
Lo smagliante esotismo del colore indebolisce. L’ho usato in certi film perché è molto suggestivo per le fiabe e per i paesaggi astratti.
Monocolo
Sono diventato orbo, ma sono in buona compagnia. Tanti registi, da Ray a Ford, sono monocoli. L’abitudine di guardare è piacevole ma rende quasi ciechi.
Teorie
La sola che conosco: il responsabile delle mie menzogne sono io, il regista.
Definizione
Ho amato Godard perché ha scritto questa frase sul cinema: «Un’immagine non è forte perché è brutale o fantastica, ma perché l’associazione d’idee è remota, remota e giusta».
Assassino
Mi sono spesso identificato con l’assassino perché la figura di un uomo che toglie a un altro uomo il suo bene più prezioso è una figura tragica, posseduta da qualche demone che lo ha spinto oltre i limiti del comportamento umano. Anche l’artista, nello spingersi oltre i limiti, ha il dovere di rassonigliargli.
Psicologia
La psicologia è ritmo, movimento, gesti – mai discorso.
Montaggio
Vorrei non staccare mai l’obiettivo dalla scena.
Far vedere
Ogni film educa a far vedere. Nessuno, come il regista, si è assunto questo potere senza mezze misure: costringere chi vede a identificarsi nel suo sguardo. Ogni idea di libertà è assente dal cinema. La sola, unica libertà, è quella di fare propria la visione morale che il regista esige da te. Il cinema chiede una complicità assoluta con lui: quella di credere a un sogno che ha corpo, ombra, colore, voce. Il suo sogno.
Psiche
Forse bisognerebbe che il regista, alla fine di ogni film, passasse una notte nello studio di un analista e gli raccontasse la storia di tutto il lavoro del film, ora per ora. Lo psicoanalista comincerebbe a credere nel potere del caso.
Pittura
Avrei voluto essere un pittore, da giovane, ma le immagini fisse mi disturbavano come lapidi di cimiteri.
Nero
Perlustrare il mio spirito dove tutto è nero, informe, senza immagini. E poi, cominciare ad avere idee reali, come piccole trances.
Inevitabilità
Il cinema non è tanto la necessità di stupire l’occhio e l’orecchio con musiche e luci quanto la necessità di raccontare inevitabilmente, con musiche e luci, una storia.
Mabuse
Ricordo l’ultima scena del film, con la cella di manicomio di Mabuse, tutta fitta di fogli scritti dal medico pazzo. Per la sua gigantesca, invasata calligrafia, mi sono ispirato ad alcune figure reali di reclusi, tra cui il pittore Adolf Wölfli.
Sproporzione
Che sproporzione tra voracità dell’occhio e unicità della macchina da presa! Dovremmo avere occhi in tutti i lati della testa.
Inquietudine
La maggior parte dei film non serve a svelare niente. La soluzione dell’intreccio non deve mai lasciare tranquilli. L’intreccio che ho spesso cercato è quello dell’innocente e del perseguitato. La vita è, come sappiamo, priva di senso se è priva di ostacoli. Il massimo ostacolo è quando ci vogliono privare della vita. Allora si lotta. Il dramma diventa una questione di vita o di morte e lo spettatore non può che diventare ostaggio della suspence creata dal regista.
Bassa marea
La mia sensazione è che il cinema contemporaneo sia dominato solo da autori pettegoli e prudenti.
Dramma
IL cinema non è solo un dramma dell’occhio. Tutti i sensi sono messi in allarme. Voglio che lo spettatore sia incerto su cosa accadrà ma che sappia fatalmente, nel subconscio, che cosa accadrà. È come un gioco che ora nasconde e ora rivela. E lo spettatore è domato dalle briglie che io gli ho imposto, che io solo controllo.
Interpretazione
Inesistente. Ogni volto, per come è inquadrato, è un universo per il quale richiedo la complicità di un altro occhio. La verità è quello che voglio io, con quelle luci e quelle ombre. Con il mio rigore.
Lo spione
Vorrei girare un film muto, brevissimo, seguendo il percorso di un assassino dalla sua stanza fino al luogo del delitto. Una microcamera nella sua nuca. Niente di più. Nessuna avanguardia. Solo il tentativo di un realismo estremo. L’occhio magico della mdp muove, seduce, trasforma la realtà per farla diventare ancora più reale.
Ridere
Mi diverto se lo spettatore non sa prevedere la prossima scena.
Il sepolcro indiano
Adesso vorrei girare un film pensato in bianco e nero e realizzato con lo smagliante splendore dei colori. Una sconosciuta ammiratrice, dopo che il mio coloratissimo ed esotico Il sepolcro indiano è uscito nelle sale, mi ha scritto: «Signor Lang, grazie. Avevo già deciso di togliermi la vita. Ma ho rimandato, prima volevo vedere Il sepolcro indiano. L’ho visto, mi è piaciuto, ho scordato di uccidermi». Può ricevere lode più grande un regista orbo e prepotente come me?
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