introduzione di Paolo Valesio
(Campanotto editore, 2021)

[…] A proposito del lirismo medio-novecentesco: leggere Grasso mi ha aiutato, tra altre cose, a capire come un tratto di questa tradizione sia quello che si potrebbe chiamare il pudore dell’io. Atteggiamento in parte diverso da quella scomunica epica dell’io che caratterizza, almeno teoricamente, i proclami futuristici. Ma in entrambi i casi, avvenga tale evitazione dell’io nel nome dell’intimità o in quello dell’assalto al cielo, sento che la mossa anti-egoica contribuisce tuttora alla forza e lucidità della dizione poetica. […] (Dall’introduzione di Paolo Valesio)
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Fedeltà degna parola
conseguente,
da un libro all’altro,
da una riva in festa,
notturna che d’oriente s’imbeve,
all’estuario voluto di sguardo
convalescente e nutrito –
bisogno gravido di atti
per il secolo chiuso
in barlumi e incurie.
Sarà ricerca nella seconda
vita anelando tiepidi ripari
o vacanze lagunari
perché i fiumi sanno ancora
viaggiare da una frontiera
all’altra, impugnando
la nostra ultima.
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Resistendo all’ultima parte
del giorno, non più perdersi
di vista dentro le chiacchiere
al limite della foce,
molto umani e molto audaci
ripensando a quel tempo
sgranato che presagiva
naufragio, eppure non veniva.
La scintilla ancor oggi sale
dalla terra.
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Il ciclo degli anni, ora
che aria si fa nera e scheggia
il respiro di molti, invoca
risveglio dei viaggi
per poi togliere dalle custodie
sole degne parole.
Vicini a lei, sottoboschi
muschiosi dei lupi,
spazio a voci non soffocate
dopo il volo radente verso
l’alone di pollini serali.
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Le epoche stremate
da ripulire, ma compiendo
il destino quanti valligiani
alzeranno ancora mura
contro il salir dell’acqua,
ma abitudini da spezzare
non si vedono intorno,
tranne schianti di parole.


