Il non veniente
di Nikola Šop

Il Non veniente*
Ecco, s’avvicina a me il Nonveniente,
in fondo egli ha già soffiato se stesso in me
e io sento la mia vanità e il suo sguardo pietoso
e un sorriso tetro.
Misera terra noiosa, quasi egli mandasse un riflesso
illuminandomi col suo sorriso
alitando verso di me un’altra volta.
Presagisci pure, tra poco avverrà di te il primo franamento.
*
In quel suo dissolversi
aveva perso quasi ogni rapporto con le vicende terrene.
Solo l’antica tristezza terrestre conservava la forma intatta
e irradiava dalle sue metamorfosi
negli svariati riflessi.
E mi diresse parole
che solo ad essa appartenevano.
Mi attristo, che tu sia tuttora terrestre,
e di me non rimane che una piccola parte.
*
Quando il Nonveniente minacciando mi ammonì
di rispondergli una buona volta dissi chiaro:
sono quotidiani mareggi umani che qui perdurano.
Visto che la mia spiegazione lo lasciava indifferente,
ripetei le parole gridando quasi per disperazione,
ignorando dove fosse il suo udito.
*
Mi rammentai alla fine di poter calmare
quel suo stato vorticoso solo con qualche mia irruzione,
mi misi ad aggirare il Cosmico,
ad avvicinarmi furtivo,
per sorprenderlo in qualche suo preparativo
e per coglierlo dopotutto sul fatto.
*
Mi parve di poter farlo,
avendo trattenuto con forza gli orli di me stesso,
e il Nonveniente cosmico
da tempo non mi ammoniva
né mi suggeriva di franare di nuovo.
Quasi gli facesse piacere, ch’io avessi conservato
pressoché intatto il volto umano.
*
In quell’attimo s’illuminò di colpo,
e fu l’annuncio di qualche sua parola.
Sento e scorgo meravigliandomi.
Beato te
che hai conservato la sembianza umana.
Convinto che mi sarei rallegrato
riprese a balenare.
*Nikola Šop. In cima alla sfera. Antologia poetica, Edizioni Abete, traduzione e cura di Mladen Machiedo, 1975.
Nikola Šop (Jajce 1904 – Zagabria 1982). Insegnò latino nei licei; tradusse Catullo, Properzio, Tibullo. I versi composti prima della seconda guerra mondiale (Pjesme siromašnog sina “Poesie di un figlio povero”, 1926; Isus i moja sjena “Gesù e la mia ombra”, 1934) sono intrisi da un senso francescano di fraternità con la natura e con gli oppressi; nella produzione successiva (Tajanstvena prela “Filature segrete”, 1943; Kučice u svemiru “Casette nel cosmo”, 1957; Nedohod “Il non veniente”, 1979) la sua poesia assume toni più filosofici, concentrata nel rapporto dell’uomo verso il cosmo. Le edizioni Scheiwiller pubblicano, nel 1996, Mentre i cosmi appassiscono.

