LA NOTTE E’ IL CERVELLO DI PARIGI. Wols

Dai frammenti di Wols (Alfred Otto Wolfgang Schulze, Berlino 1913-Parigi 1951, violinista, fotografo, pittore informale).

La notte è il cervello di Parigi*

quando sono nato

ero rotondo

e perdere tempo

tra il

nulla e il nulla

(nascita) (morte)

è un tirocinio

pieno

di spassi

nella mia culla

neanche una stilo

tanto meglio per Voi

Il pupo attorniato

d’adulti

gli si fa: tò

tò begli

occhioni ah ah ah!

E lui guarda

gli si dice: tu ta ti

tut ta tu oh! Com’è

piccolo e tutto rosa

fare

carriera per bla bla

bla bla

e lui guarda

leggo nei tuoi occhi

che interrogano in mezzo

a quale banda di coglioni

mi ha paracadutato questo uccello

conserviamo tutta la vita

la saggezza del pupo

il mio cane giallo respira la notte,

lui sa senz’ansia

cos’è l’indomani

coi suoi casini e le sue gioie

le sue porcherie

nel suo sonno pensa

sa che tutto è uguale

uguale alla notte che segue

il mio cane che

godeva di tutte

le delizie della

terra decide di

lasciare questa

terra per vedere

altri luoghi

per resistere con efficacia in questo

ributtante caos, ho cominciato

a lasciarmi crescere la barba

sola attività onesta

nella mia breve vita

ma poco a poco io ho

visto parecchie primavere

più o meno idiote

delle atrocità e dei

bombardamenti e infine

pure qualche modesta polis

un cane, un albero, la

musica rapita in solitudine nel

mio banjo

il cielo è ovale o rotondo?

Perché esprimersi in trucchi angolati?

È per la pagnotta e la sopravvivenza

ciò mi mette tutto sottosopra

è u districarsi da una parte e dall’altra

un affare losco

stamattina ho suonato la mia chitarra (amata)

40 minuti

non ho mai suonato così bene,

quando mi sono per così dire risvegliato

non c’era nessuna chitarra (nelle mie mani)

quando tengo la mia chitarra

fra le mie mani

sono spinto

ad agire come un gatto sconosciuto

in uno di questi giorni

di festa abominevoli

mangio all’aperto in

piena aria

piena di

polvere

di cose fradice

era un non-

luogo

di purezza

inattaccabile

io dormo meglio

sul Water

che nel letto

è l’Universo

i movimenti degli avambracci e delle braccia per dipingere ua tela

sono già ambizione e ginnastica, io non voglio

Si raccontano i propri piccoli racconti

terrestri

attraverso piccoli pezzi

di carta

un minuscolo foglio per contenere il mondo

Pittura o non pittura

Wols se ne infischia.

Ma è bizzarrro che vaghi come

l’uomo della folla

di E.A. Poe e riesca qualche volta

a scroccare un bicchiere

mentre i colpevoli si gustano l’odore della letteratura

e della bistecca

Bisogna restringere ancora lo spazio

i movimenti delle dita e della mano

bastano a esprimere tutto

quando non bevo canto e faccio pure altro

credo sia meglio

che io beva

perché la mia piccola officina vada avanti

(Banjo, disegno, ecc.)

bisogna che io sia costantemente

in uno stato (zero) (neutro o nullo o vuoto)

di semi-malattia

semi-ebbrezza

semi-tristezza

follia semi-saggia (semi-follia stregata)

evitando ogni

premeditazione

il minimo disturbo di questo equilibrio

mi disturba o mi blocca

la notte è il cervello di Parigi

il suo cuore

è il sole e la pioggia

Parigi è una femmina

troppo strapazzata

da elementi maschi

questo fa perdere tempo

tutto è vano

poiché tre volte su quattro

la pioggia a Parigi cade verticalmente

manca di vento

si va in giro in Autobus

la pioggia non si mostra di sbieco

dunque tutto può essere (compreso)

di sbieco

quando scendo di notte

lungo i margini del Luxembourg

venendo da dove amo

c’è ancora quella traccia d’aria pura

tutt’uno cogli alberi

si respira

me ne infischio

del duello degli esperti

io sono un piccolissimo

uomo libero

io mi tengo a ciò che ha

tenuto sempre

io mi tengo a ciò

che ha sempre tenuto

io sono solitario

cammino con loro…

non se ne accorgono

ve lo garantisco

preferirei non abitare

la stessa casa dii me stesso

non sono il solo di questo avviso

talvolta sono troppo

stanco per

smettere di

ridere

spesso io guardo

con gli occhi chiusi

ciò che vedo

c’è tutto è bello, è faticoso

la prima

cosa che io

scaccio dalla mia vita

è la memoria

Le rocce – malgrado la loro fragilità

possono insegnarci

fino a che punto siamo fragili

basta credere nella natura

che abbraccia tutto ciò che sembra materiale

e tutto ciò che sembra immateriale

* In Wols, Aforismi, Pendragon, Bologna 1996 (traduzione di Silvia Pegoraro).

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