LETTERA. Silvia Comoglio

(novembre 2020)

Marco carissimo, è libero, e proprio perché libero potente, il tuo Un uomo di cattivo tono. Libero di mostrare un uomo dentro e fuori la sua scrittura, attraversato dalla scrittura, e libero di andare oltre la scrittura, di pungerla per farne scaturire (e quindi per liberare) l’anima che nella scrittura si condensa. Cechov, qui, è questo che si fa, anima, e nell’anima, in questa anima, si abita come visione di uno spazio e di un quando a volte reali, a volte inventati o da inventare. E questo, l’invenzione, si fa radice, radice e ricerca di un sé che si costruisce e decostruisce all’infinito. Scrittura epistole e trame, tutto si mescola e concorre a sorreggere e a liberare un’anima che puntigliosamente si cerca e si abbevera alla sua di fonte e alle fonti che la vita, la vita vera o inventata, trama la vita tra le trame, lascia trasparire o fuggire. Alla fine non c’è contrasto tra vero e invenzione perché tutto è visione e l’anima addirittura può cambiare il proprio nome da “anima” a “visione”. Un Cechov fecondo il tuo, che si veste di una particolare ricchezza, la ricchezza del dire che si misura con la libertà di essere e di esistere, che conquista questa libertà e che di questa libertà si nutre. Fino alle briciole. Grazie, Marco, per questo dono. Aspetto notizie tue e di Lucetta, purtroppo il Covid continua e con il Covid il lockdown ma guardiamo avanti con fiducia augurandoci di superare presto questo momento, un forte abbraccio, Silvia.

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