ROVINE DI ARCOSOLIO. Alfonso Guida

*Il testo è tratto dalla raccolta inedita Semina e rovine.

**

Or non ti resta più cosa nessuna

che aiutarla a morire a poco a poco

Amalia Guglielminettii

I

Ora un dolore trabocca di gesti,

tace indifferente, si nasconde tra la povertà

dei fiori e dei vestiti. I chiodi arroventati nel macramé.

Vino caldo, vetri di nebbia. Una chiarìa di recinti si avvolge,

tra le rocce. Non è un inverno morbido.

Con i libri, che portiamo a passeggio, e con lo stupore

di una perdita ultimata, anche l’ora, che distrugge e ricrea,

si annuncia in un ritorno più affollato. E lo schiavo

vuole entrare dalla porta d’ingresso mentre il comizio

sulla libertà ragiona in una via laterale, dove le agonie

si privano del soffio. Tu sai, in un rantolo,

soffocare gli animali che si stanano, quando il rabdomante

decide l’ordine e la specie di ogni arcobaleno.

Con chiarezza, in una pura dispersione musicale,

l’ira del paradiso

ci assale. La notizia, lo sai, è morta in un giornale macchiato.

Il paese franato si calmò un mattino d’agosto, con un bastone

di pioppo e la focaccia di farro.

II

Dove sono stato è un giro di falsi.

L’acqua gioca a sottrarsi e non è Via Ridola,

non è un viale di provincia questa luminosa veggenza

che ruota. Una fedeltà marmorea

come la notte e un dedalo che congiunge il peso al mondo,

così, negando il flusso, staccando il disordine

dai suoi rivoli di ruggine. Il canto si è gelato in una morte

senza simboli. E non è un contrassegno

neppure la stagione che assegnò un posto assoluto

al suo stesso bisogno di tornare, con un meccanismo compiuto:

la scodella di alluminio, il cestino di cuoio. E poi suor Rubina.

La vena verde del suo viso era un ponte in un paese di cera.

E un deserto bianchissimo appariva sospeso sul soffitto,

nel refettorio. Un ombrello grande ci accoglieva tutti.

Non era odio la natura del fratello non salvo. Io, per metà sommerso,

fissavo ogni cosa come un dono ricevuto.

Le zollette di zucchero, giunte dal Sussex,

restavano per anni intoccate come le amarene sottospirito.

Ora, lo vedo, le ombre del pomeriggio

accorrono in un angolo freddo e, per un istante,

migliaia di anni vengono fin qui come eserciti

per farsi tramandare.

Il bambino, con un gesto di sete, si copre,

incontrastato e indiscernibile.

**

Giovanni Castiglia, Senza titolo

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