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Lui
Mi aggrappo a questo frammento di esistenza. Chissà quanto durerà, pochi minuti, forse un’ora. Non so cosa succede là fuori – perché certo c’è un fuori, un giardino di libertà in cui qualcuno è libero di vagare, costruire la propria vita, provare emozioni, gioie e dolori. Io sono costretto all’interno di una gabbia senza sbarre da cui non potrò mai uscire. Non so chi sono, cosa sono, anche se so bene cosa mi hanno imposto di essere nei momenti in cui sono davvero vivo – se questa è la parola, se questa parola vale anche per me.
Adesso è primavera e sto camminando lungo un viale alberato. Non ho veri ricordi: per me tutto è continuo presente, senza memoria e senza speranze. Perché io so, e non è una grazia ma una dannazione. Tutto per me è già stato deciso senza appello: sono l’unico con questa consapevolezza? O uno di tanti, di infiniti?
Alla fine del viale c’è una villa, molte persone in attesa per me. So bene cosa mi ha condotto qui, ma ignoro del tutto cosa dovrò fare, anche se è successo ancora, e come sempre senza preavviso: esistenza e inesistenza, la pienezza insostenibile che provo a volte e il nulla più totale si sono di nuovo scambiati di posto. Sono alla fine del viale e tutti mi guardano. La solita forza che non concepisco mi costringe a sorridere e salutare; conosco le loro vite, i loro segreti, e tra poco conoscerò il mio compito: un saluto, un bicchiere di spumante? O dovrò estrarre la pistola che ho nella tasca? Dovrò urlare spiegazioni e agire con premeditazione per fare una qualche giustizia, o sarà un impulso folle? So cosa ho pensato quando ho preso la pistola, e ricordo – ma non è la parola giusta – il desiderio di uccidere.
Qualcuno però sa tutto, certo, e ha già deciso il corso della mia futura esistenza; una mano invisibile ha scritto la trama, creato personaggi adeguati, scelto me dal nulla. Qualcuno sfoglia le pagine, apre e chiude questo libro, mi legge, prova qualcosa per me, forse pietà, ma non ne conosco il motivo.
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Imprevedibilmente
Perché siamo fatti così – e fuori nevicava. Trovò posto in uno scompartimento in fondo al vagone. Prima classe, se lo meritava. Niente bagaglio. Si tenne indosso il giaccone, la mano destra serrata nella tasca. Stazioni minori, una dopo l’altra, il continuo salire e scendere di sconosciuti con cui era inutile abbozzare un discorso. Borse, valigie, scatole misteriose si alternavano sulle loro teste, incomprensibili e insulsi frammenti di conversazione.
Fremeva di rabbia. Tutto, adesso, gli sembrava privo di senso. Arrivato in riviera, alla fine di una galleria scoprì che la neve aveva lasciato posto a una pioggia fitta che rigava i vetri del finestrino. Imprevedibile, gli capitò di riflettere: chi può predire il futuro, anche solo quello immediato; chi avrebbe mai potuto immaginare quanto era successo tre ore prima? Effetti senza cause, anche se vogliamo credere nel libero arbitrio, e non possiamo fare altro: buttiamo i dadi dalla finestra e fingiamo di conoscere che numero è uscito.
E adesso c’era questa sconosciuta che era rimasta sola con lui e aveva tentato più volte di avviare una conversazione… Che tempo terribile, mia figlia non mi parla più, ma ha visto i prezzi come stanno salendo? Lei che lavoro fa, dove va…? Di nuovo si sentì fremere. Un’altra galleria. Sempre la mano in tasca. Il treno stava fermandosi. Un attimo, e tutto era finito, poi si alzò e uscì dallo scompartimento. Presto, doveva fare presto, senza concitazione e senza dare nell’occhio, come aveva fatto uscendo di casa. Non aveva un piano, nulla poteva più essere deciso. Una stanza in un alberghetto fuori mano, un po’ di calma per pensare. E poi.
Scese le scale della stazione, si accertò in che direzione fosse la spiaggia e si diresse in direzione contraria. Un cestino dei rifiuti. Buttò il coltello insanguinato e accelerò l’andatura.
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Germaine Richier
Mauro Ferrari (Novi Ligure 1959) ha pubblicato le raccolte poetiche: Forme (Genesi, Torino 1989); Al fondo delle cose (Novi 1996); Nel crescere del tempo (con l’artista valdostano Marco Jaccond, I quaderni del circolo degli artisti, Faenza 2003); Il bene della vista (Novi 2006, che raccoglie anche la precedente plaquette), Il libro del male e del bene. Poesie 1990-2006 (Puntoacapo, 2016), La spira (ivi, 2019). Ha inoltre pubblicato una serie di saggi di poetica dapprima apparsi sul quotidiano alessandrino «Il piccolo» (Poesia come gesto. Appunti di poetica, Novi 1999), poi confluiti nel volume Civiltà della poesia (Puntoacapo, Novi 2008). Nel settore dell’anglistica si è interessato di Conrad, Tomlinson, Hughes, Bunting, Hulse, Paulin e diversi altri poeti contemporanei. Attualmente è direttore editoriale di Puntoacapo Editrice, fondata con Cristina Daglio, e direttore culturale della Biennale di Poesia di Alessandria. Con Gabriela Fantato, Giancarlo Pontiggia e Salvatore Ritrovato dirige «Punto. Almanacco della Poesia Italiana».

Mauro Ferrari