* Il testo è tratto da: Michel Thévoz, Les Écrits bruts. Le langage de la rupture, Éditions du Canoë.

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Non si scrive soltanto per formulare delle idee. Non solo per comunicare qualcosa ai lettori o influenzarli. E non necessariamente per uscire all’esterno o esprimere la propria sensibilità. Si scrive talvolta, e in un senso diverso, per liberarsi di sé, per avventurarsi fuori dalla sfera personale in uno spazio immaginario dove si disfano i poli dell’emittente e del destinatario dei messaggi. Il linguaggio, in quanto sistema convenzionale di comunicazione, è messo a dura prova. Senza quei fili tesi che tengono insieme l’io, il tu, l’egli, e che assicurano istanze individuali differenziate, il linguaggio va alla deriva e si agita, perdendo ora il senso ora la funzione.
Questo gioco di scrittura, che consiste nel manipolare le parole non come strumenti di comunicazione ma come sostanze magiche dagli effetti imprevedibili, è un gioco pericoloso, che mette in discussione il principio primo della socialità. Chi non ha tentato, fosse solo per il tempo di un sogno, di giocare all’apprendista stregone e mettere in gioco se stesso abbandonandosi al linguaggio piuttosto che servirsene? Ma l’istituzione esiste, per normalizzare questi détours, manifestarsi in maniera duratura e reintegrarli in una comunicazione di secondo grado chiamata “letteratura”. (trad. di M.E.)
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Michel Thévoz