BERT

Taccuini di Norma Jean

Arrivavo sempre in ritardo sul set. Clark era furioso, io ridevo. Lui mi rendeva meno insicura: era solido, famoso, scorbutico, era stato infelice. Ma adesso aspettava un figlio, sarebbe stato padre. Favoloso. Alla sua età, padre. Mi veniva voglia di tenerlo stretto, non per farci all’amore, ma così, per il calore che emanava dalla sua schiena, dalla sua nuca. Ed è morto. Uno sforzo di troppo sul set, il cavallo imbizzarrito, la polvere. Un infarto, a nemmeno sessant’anni. E io cosa ci faccio qui, se non esistono più uomini come Clark Gable? Dovrei vivere, io, Marilyn Monroe? Io, Norma Jean? Cosa ci sto a fare qui, il corpo sospeso in una bellezza che durerà qualche anno ancora? Penso a Bert, il ragazzo dolce e magnifico che mi scattò 2500 foto in 3 giorni all’Hotel Bel Air, a Los Angeles. Non mi diceva mai: spògliati; mi lasciava così, vestita, nuda, quasi nuda, con o senza foulards, cercava l’attimo giusto. Ne trovo 2500, di attimi, io nessuno.

Sono passate sei settimane da allora. Adesso nulla serve a nulla.

Spostàti, il titolo di quel film. Spostàti, tutti noi. Io, Clark, Montgomery.

Morti o morituri.

Andiamocene via tutti.

**

Fotografie di Bert Stern, 1962,

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