I testi sono tratti da: Francesco Iannone, Cruor, Il Ponte del Sale (con un disegno di Alfonso Guida), Rovigo 2023.


Disegno di Alfonso Guida
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Cruor è una Cantata drammatica, un Compianto ancestrale, un Poema arcaico dominato da un flusso ritmico e sintattico emorragico (“cruor”, in latino, significa “sangue”), una colata lavica dove soprassalti, implorazioni, invettive, ricordi, nomi sconosciuti e nomi di poeti suicidi formano una sola e “grande cosa” di immagini in sussulto, una materia verbale che implode nella pagina con compatta, crudele asciuttezza. Del libro scrive l’autore, “è nato come una supplica, una genuflessione interiore. L’ho scritto in pochissimi giorni, una grossa risacca cadutami dal cuore. Per me è stato come aprire il rigo, divaricare lo spazio bianco fra infanzia e maturità”. (M.E.)
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Antologia di testi
Datemi l’amore per la misera blatta
e la schiuma che ne inonda
la corazza se la schiacci, fu
l’ossessione di Clarice Lispector.
Datemi l’erezione facile che fa
cantare il corpo nell’aria plumbea
di tutte le quotidianità e ubriaca
il sangue che se ne sta fermo
nei guadi della noia. Datemi
la grande cosa che non vedo
ma è nuda e ne sento
l’intimo profumo, la grossa
quantità di acido che cola
in un rigagnolo d’’argento. Grande
cosa che fai la fame delle mandrie
grande cosa che sei l’avventura
dei vitelli che si staccano
dalle grinzose mammelle
delle vacche, grande
cosa che bolli come la goccia
chiusa in un centimetro di carne
grande cosa che friggi la paura di te
come la terra che si converte
in fango e si genuflette
al vapore delle ombre, grande
tu sei la cosa più nuda che c’è
e hai anche la più spinosa
delle lingue e l’alfabeto
dei generati dal nulla e la sofferenza
delle fondamenta quando
la belva russa sdraiata
sul monumento. Datemi
il monumento e le sue
assi di ferro, la gettata
di cemento che occupa
i vuoti di me, i magnifici
spazi del dentro, la scatola
umana che segrega in sé
bagliori e miraggi, finzioni
e verità. Io che sono
l’innamorato di carezze, l’assassino
che s’inchina davanti
al corpo inerte. Datemi
le parole rozze dei carpentieri e l’alleluia
dei cani di fronte alla catastrofe.
*
Datemi l’ariosa ventata che
toglie l’afa dagli occhi e grandemente
vedo la pozza
ingigantire nell’onda, lo sbocco
del cratere scintillare un’altra volta.
Sono debole, perdona
le frasi semplici
dell’amore, le parole che
stringono i polsi come
le cinghie che si usano
per i matti in ospedale, sono
il sorso che non giova
alla sete, un muso
fra i cespugli, mi guardo
esistere da lontano. Ma se mi
penso vivo sento il peso di un’impronta
sulle ossa, un’eroica
avventatezza nel sangue.
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Francesco Iannone è nato a Salerno nel 1985. Ha pubblicato, per la poesia, le raccolte Poesie della fame e della sete (Ladolfi, 2011), Pietra lavica (Aragno, 2016), Prima opera del gesto (peQuod, 2022), le plaquettes Le belve erranti (Nervi, 2019), Pasifae (Cervi volanti, 2020) e L’usignolo di ferro (Roundmidnight, 2020). Per la prosa, il romanzo dal titolo Arruina (il Saggiatore, 2019). Collabora con il quotidiano “Il Foglio”.

Francesco Iannone