
Immagine di Pietro Casarini

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Non hai per caso visto cosa ha fatto il tuo Signore al popolo di Ad, a Iram dalle colonne, città edificata come nessun’altra al mondo?
Corano, LXXXIX, 5-7.
La città aperta è assurdamente prensile…
Osip Mandel’stam
Dicembre 1996 – Marzo 1998
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“C’è sempre stato, fin dall’inizio, qualcosa di strano, di irreparabile, di impossibile da pensare, a Taala. Chi la vedeva riflessa in un pozzo, con le strade affondate nell’acqua; chi la scopriva come un groviglio di cavi, oscillante alle minime folate di vento; chi la percepiva come una fogna maleodorante; chi come una cantina silenziosa o una stazione vociante di ubriachi; chi come un’isola chiusa da una barriera di scogli, popolati da stormi fragorosi di uccelli. Tutte percezioni plausibili. Il fatto è che nessuno le comunicava all’altro. Così tutti camminavano con i loro cervelli ben chiusi, e la bocca sigillata”.
“Sono tentato dal descriverti Taala come si descriverebbe una città mirabile, enigmatica o terrorizzante. Insomma, costruirti il romanzo della città, perché tu possa leggerlo. Ma Taala non era così. Chi si aspettava un’oasi romantica vide dei palazzi d’acciaio: chi si aspettava una città d’acciaio affondò in una palude. Insomma, Taala deluse tutti. Per un certo periodo di tempo, ci sentimmo quasi irrisi da lei: il suo opporsi ai nostri desideri ci sembrò il pensiero diabolico che lei ci opponeva, per non essere posseduta. Poi cominciammo a capirla. E allora divenne bello amarla, provare un senso di stupore e di rispetto, di felice meraviglia”.
“Ecco cos’era Taala: una città sventrata, una trincea con nubi di polvere e di fumo, con quei sacchi di sabbia nelle strade, con quegli schermi che si gonfiano e sgonfiano nell’aria, secondo le raffiche di vento”.
“Taala è proprio così: una città incerta di sé, che tutti possono plasmare, come un vaso di cera”.
Marco Ercolani, Taala, Greco & Greco, Milano 2004.