LE FARFALLE DI MARGIT. Silvia Comoglio

Genesi

Se mi ami – soffia/ sulle ali, le ali di farfalla,/ quélla di Terezín” sono i versi con cui si apre Terezín, la poesia che scrissi nel 2005 di ritorno da un viaggio a Praga per Margit Koretzovà e un disegno, Rozkvetlà louka s motyly, Le farfalle, che Margit fece quando era nel campo di concentramento di Terezín. Rozkvetlà louka s motyly. Non soltanto forme linee e colori ma anche, e soprattutto, uno spartiacque tra un prima di Rozkvetlà louka s motyly e un dopo Rozkvetlà louka s motyly. E una fuga. La fuga dalla datità di Tempo e Storia verso l’eticità di Tempo e Storia. Un’eticità che si compie fino in fondo quando l’etica si fa cifra del Tempo e della Storia. Si fa quel Sempre capace di custodire Margit. Di esserle fedele.

Terezín fu scritta, dunque, nel 2005 e pubblicata poi nel 2014 in Via Crucis come ultima poesia della raccolta, e come testo in cui si condensa tutto il significato della mia Via Crucis.

Così come Paul Celan anch’io chiamo Auschwitz, la Shoah, “ciò che è stato” perché sento che “ciò che è stato” si incunea più fermamente, e radicalmente, nel Tempo e nella Storia, e in questo suo incunearsi li taglia di netto, diventando quel solco, quella cesura, nella storia dell’umanità da cui non si può più prescindere.

Per questo non sarebbe stato possibile per me scrivere una Via Crucis, scrivere (e qui semplifico molto perché il discorso è ampio, attraversa la storia sacra e profana, mette in discussione l’uomo e Dio – penso a Il concetto di Dio dopo Auschwitz di Hans Jonas – e coinvolge altro e altro ancora), scrivere, dicevo, di un uomo innocente condannato a morte, senza pensare e senza dire di Sei Milioni di uomini donne e bambini. Senza dire di Margit.

In seguito, nel 2020, cominciai a pensare ad una nuova edizione di Via Crucis, avrei voluto tradurla in un’altra lingua con la sola Terezín in più lingue, ma soprattutto volevo parlare di Margit. Il breve riferimento a Margit in apertura di Terezín pubblicata nel 2014 è come un nome e una memoria cristallizzati e appiattiti, e per questo sentivo, e sento tuttora, che è necessario dire di Margit, perché nel nome di Margit e nel suo disegno ci sono la bellezza e il miracolo di una vita, c’è una bambina, Margit, che vive e vuole vivere.

Gertruda Koretzovà nata Sachs

Di Margit sapevo da precedenti ricerche la data di nascita, 8 aprile 1933, e i numeri dei trasporti, R. 18.1.1942 da Pilsen a Terezín e En. 4.10.1944 da Terezín a Auschwitz. Nel cercare informazioni aggiuntive scorgo nel database di Terezín Pamiatnik il nome di un bambino, Hanuš Koretz, nato il 3 giugno 1934. Per data di nascita, numero e data di trasporto Hanuš avrebbe potuto essere il fratello di Margit. Una supposizione da cui inizia la ricerca di altri possibili familiari. Ed è così, guardando e confrontando i database di Terezín Pamiatnik e Holocaust.cz, che arrivo ad ipotizzare che Robert è il papà di Margit, Gertruda la mamma e Hanuš il fratello. In seguito dallo Yad Vashem ricevo prima i documenti di trasporto di Margit e Hanuš, su cui è indicato lo stesso indirizzo, Plzen, Skretova 16, e poi i fascicoli della famiglia Koretz Sachs dove trovo un ulteriore riscontro alle mie supposizioni. Ora è certo, Robert è il papà di Margit e Hanuš, e Gertruda, nata Sachs, la mamma.

In questi documenti c’è un nome, Robin Sachs Sokolow, e il suo indirizzo di Chicago. Robin e suo padre, Herbert Sachs, per anni hanno cercato i loro familiari, l’ultima lettera indirizzata all’International Council of Jews from Czechoslovakia è datata 13 aprile 1977. Il necrologio di Herbert Sachs con i nomi dei figli e dei nipoti trovato in internet è la chiave per rintracciare la nipote Jessie, la figlia di Robin, e da lei arrivare a Robin. Robin è la cugina di Gertruda, detta Trude, sarta di professione, e di Margit.

Robin mi ha parlato delle ricerche fatte da lei e da Herbert, tutte testimoniate nei documenti depositati allo Yad Vashem, e da cui è risultato che nessuno dei loro familiari è sopravvissuto. Da Robin ho notizie di Trude e della famiglia materna di Margit ma non di Robert, di Robert, e della famiglia di Robert, Robin non sa nulla.

Robert Koretz

Le ricerche ricominciano dal database dello Yad Vashem dove in corrispondenza di Robert Koretz ci sono due testimonianze, una di Herbert Sachs e l’altra di Eleanor Feitler.

Eleanor ha depositato testimonianze per altri ventuno familiari, con annotazioni precise sui loro legami di parentela. Da queste sue testimonianze ricostruisco l’intera famiglia, Sophie Langhschur, la nonna di Eleanor, e Clara Langschur, la nonna di Margit, sono sorelle, e quindi Margit e Eleanor sono cugine. Eleanor, ho questo sospetto, non doveva sapere di Trude Margit e Hanuš perché nel database ci sono accuratissime testimonianze rese, è evidente, con estrema cura e amore per tutta la famiglia Koretz, per Robert, per Otto e Clara, i nonni di Margit, per Marta e Rosa, sorelle di Robert e zie di Margit, ma non per Trude Margit e Hanuš.

Al Leo Baeck Institute, Center for Jewish History di New York, c’è un fondo a nome di Eleanor Feitler, una collezione di documenti e lettere della sua famiglia. Scrivo al Leo Baeck Institute. La mia mail viene inoltrata a Eleanor ma rimbalza indietro, mi viene dato un link, è del necrologio di Joseph Feitler, il marito di Eleanor, con i nomi delle loro tre figlie, Barbara, Jane e Carol. Barbara Karchin che insegna a Chippewa Valley School potrebbe non essere un caso di omonimia. Le scrivo. Mi risponde. È lei.

Da Barbara a Eleanor, nata Glauber, che con il papà Emil e la mamma Gusti Mayer nel 1938, all’età di otto anni, è dovuta fuggire con la sua famiglia da Vienna negli Stati Uniti e da cui ho la conferma che di Margit e Hanuš non sapeva nulla. I legami familiari sono ora ricostruiti, e Margit si è ricongiunta alla famiglia che le era stata sottratta e che si voleva annientare.

L’albero

È un grande albero la famiglia di Margit, un albero genealogico che Eleanor Feitler, mancata nel dicembre del 2021, pochi mesi dopo il nostro incontro, ha sempre custodito con cura e amore. Un albero che, come i disegni di Margit e Hanuš, si fa mondo e resistenza a quel Tempo e a quella Storia che tutto volevano inghiottire e sradicare. Resistenza, ma anche fedeltà. Fedeltà a Margit. E con lei a tutti i Sei Milioni di Uomini Donne e Bambini.

Stolpersteine

8 settembre 2022, ore 9:00. Sono a Plzeň, Ulice Skrétova 16, per la posa delle Stolpertseine per Margit e la sua famiglia. Risalgono al mese di settembre 2021 i primi contatti con Anne Thomas, coordinatrice internazionale per l’installazione delle Stolperteine, e Kvĕtuše Sokolovà, coordinatrice per Pilsen, per sapere se a Pilsen c’è una Stolpertstein per Margit. Non c’è. Racconto allora di Margit e delle mie ricerche. Kvĕtuše mi risponde pochi giorni dopo allegando alla sua mail due fotografie del Registro delle nascite e morti di Pilsen. Uno è il certificato della famiglia di origine di Robert, l’altro della famiglia di Robert con i nomi di Trude Margit e Hanuš.

Per l’ordine cronologico delle richieste di posa delle Stolpersteine quella per Margit avrebbe dovuto essere posta nel 2023 ma, così mi scrive Kvĕtuše, la storia di Margit e della sua famiglia è extraordinary, per questo la Stolperstein sarà già posta nel 2022. E non solo una per Margit ma quattro, per Margit e per tutta la sua famiglia.

יד ושם. Yad Vashem. Un monumento e un nome. Ma soprattutto חיים. Chayim. Vita. Perché è questo, la Vita, che deve essere cercata sempre. Non fermarsi, mai, sulla soglia del nome e del monumento. Ma scendere nelle profondità del monumento e soprattutto del nome per portare alla luce la Vita, l’Esistenza che in quel nome è racchiusa, e farla sbocciare e fiorire.

Memoria e Vita devono coincidere o la Memoria rischia di inaridire e svuotarsi. Deve invece essere viva ma può esserlo solo se è alla Vita, a Chi c’è in quel monumento e in quel nome, che si tende. E lo si cerca. Per averne cura. È così che il tempo, quello in cui ciascuno di noi è chiamato a vivere, si fa tutto il Tempo, quello che ci unisce, che ci rende responsabili di ogni attimo passato presente e futuro. Dare, dunque, Vita e Eticità al Tempo per essere nel Tempo l’Umanità tutta e perché il Tempo, ogni istante, coincida con l’Umanità. Sia l’Umanità.

יד ושם. וחיים.

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Una testimonianza per Margit e i documenti trovati nel corso delle mie ricerche sono ora conservati negli archivi della Fondazione CDEC – Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (https://www.cdec.it/) e di questo si ringrazia il suo Direttore, Gadi Luzzatto Voghera.

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Terezín

Margit Koretzovà

(Plzeň 08.04.1933

Terezín 1942 – Auschwitz 1944

Stolperstein: Plzeň 08.09.2022)

disegnò a Terezín

Rozkvetlà louka s motyly, Le farfalle

Se mi ami – soffia

sulle ali, le ali di farfalla,

quélla di Terezín. E allarga, allárga,

l’alba di memoria, fondandola vicino

al per sempre che si apre

in cime di specchi ripetuti. E poni,

poni un sasso, a nitore di fúlgido turchino,

un sasso, un sasso grande, in ore

di cesura di nudi amori nudi, e —

in becco al cardellino in lunga traversata

nel porto di ogni casa, perché resti

résti eterna la farfalla, e sempre da lì —

da lì ci guardi, da lì, da Terezín —

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