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Mark Tobey
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Lenti e scomposti allunghiamo la fila
potremo restare seduti o sdraiati io
vedo già tante cose inventarsi, la luce
precisa, i confini tra i corpi e le ombre
che nessuno riesce a fermare.
Sento il respiro sognato poco prima
l’invadenza dei resti sospesi nel vuoto
mi chiedono chi ero e quando tornerò
ma l’acqua salva il pesce se respira.
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Mi torturava la piega dei calzoni
la rete di confine tra il corpo
e l’uomo muto vestito del suo buio.
Dov’è sepolto c’è il nome di mia madre.
Mi torturava la piega dei calzoni
i gatti scappavano dentro le cantine
e rincorrevano i topi nascosti bene
nei sacchi di patate. Lui il vecchio pazzo
parlava a voce alta prima con i gatti dopo
con i topi
Mi torturava la piega dei calzoni
la madre che moriva mentre il figlio
mi guardava dal buco della serratura
isolato visitò il buio nelle sue teorie
era eccitato dall’idea di trovarsi solo
davanti al proprio destino nudo e magro
per sentire meglio la consistenza del delirio.
(Inediti, 2022)

Mark Tobey