*I testi sono tratti da: Adriano Sansa, Al di là dell’ombra, elliot, Roma 2022.
**


**
Nel regno delle ombre quanta luce
all’ora del tuo arrivo, ti portavi
l’infanzia intatta il pianto della madre
l’amore palpitante nel segreto.
Hai preso posto dove tu speravi
tra l’ultimo dei piccoli e tuo padre.
Non so se aspetti, temo che tu possa
dimenticarmi nel tuo paradiso.
**
Troppo grande si fa oramai il distacco
tra essere e non essere, al mattino
d‘improvviso lo colgo, ti abbandono
al tuo destino nel mondo dei morti:
e tengo il tuo ricordo così vivo
da figurare folle e forse dentro
venendo già con te, segnato a dito
sul lungomare del nostro paese
come quei che cammina e non c’è più.
Oh tu la dolce che facevi bianco
il nero della vita e ti mettesti
un po’ d’aceto solo nei capelli
la prima volta nel ballo sul mare.
**
Io non potrò riaverti: non è questo
che di notte mi chiama nei risvegli
quando il silenzio domina. Il tuo stato
di un pacato non essere mi attira
per se stesso e di nuovo per trovarmi
nell’uguale tua sorte condivisa
dai nostri primi giorni con un patto
stipulato nel limpido dei venti
di questa cara terra. Non c’è luogo
più felice nel mondo, là potremmo
indugiare nel tempo o nel non tempo
purché sia quello che non ha più fine.
**
Ha ragione la vita, siamo appesi
a un pergolo di rose sopra il mare
che nutre l’aria con bianco di spume
di veloci scialuppe, ecco l’offerta
del solo salvataggio, rituffarsi
assaporando il sale, ricordare
felicità di sere dopo il sole
e di pellli brunite dove il riso
gratuito e prorompente va alla sfida
dii quel che sarà dopo. Ti confermo
che valeva la pena d’esser nati
per quell’ora segreta là con te.
**
Io misuravo i tempo sui tuoi passi
nel deserto dei portici d’estate
se tornavi dal mare e profumavi
di sale sopra il nero delle ardesie.
Tutto il resto sbiadisce, non importa
di quanto lungo fosse il pavimento
che mi risuona dentro intatto ancora.
Dovrei lasciarti andare, le mie mani
non ti hanno messa in salvo, ma fingendo
come fa lo scultore nella creta
ora ti creo qui accanto, non ti vede
nessuno della folla rumorosa.
**
Ti rivedevo al principio com’eri
e più tardi talvolta dentro i luoghi
dov’eri almeno stata rimanendo
se pure in una labile presenza.
Ora che so di ricercarti invano
tu mi compari ovunque nelle cose
più semplici dei giorni, nelle strade
dove non fummo mai, caro fantasma
ma che resiste allla luce del giorno.
**
A chi ti mostrarai là dove sei
concedendo la sera il tuo sorriso
per sigilllare il giorno, come usavi
nonostante gli eventi di un inverno
che ci furono avversi, ti chinavi
lievemente sul lato della notte
ma poi tornavi accendendo lo sguardo
per confermarti, nei limiti umani.
**
Valse la pena vivere soltanto
per quel giorno con te, quando ti vidi
la prima volta i due nevi sul collo
impressi dai tuoi avi, ma tra mille
ti avrei per sempre conosciuta solo
per la voce con cui mi rispondesti.
**
Nell’inverno di vetro quando il gelo
scende da Cadbona forse il vento
che ha girato la terra nel frattempo
riporta il tuo profumo di ragazza.
Tra queste strade un tempo hai respirato
e nulla va perduto, a chi sta all’erta
soccorrono non solo le memorie
ma gli atomi dispersi in certe ore
capaci per magia di ricomporsi.
Il mio nulla è imperfetto non riesco
a pensarlo del tutto, oggi è questa
la mia strada rimasta per l’eterno.
**

Bassorilievo, Venosa