Il nome Da-Da. Una lettera immaginaria di Hugo Ball a Tristan Tzara, marzo 1916.

Cosa devo dirti, Tristan? Suono la batteria, e penso. Picchio le bacchette sul tamburo, e penso.
Li scriverò prima o poi, i Sette sonetti schizofrenici, tranquillo (il primo è dedicato a un fantasma, ne ho già scritto due versi: ”di tempo in tempo sembra correre in giro / con assi nella manica e carte già giocate”).
Sei proprio convinto che dovremmo dare un nome al nostro concerto di stravaganze, ai nostri giochi paradossali al Cabaret Voltaire che fra un secolo saranno solo delle cartoline ammuffite, uno sciocco cimitero di provocazioni scarabocchiate su inviti ingialliti? Io non lo so, Tristan. Potremmo evitare di darlo, questo dannato nome, tanto saremo sempre contro tutto e tutti, slegati da tutti gli ismi, i partiti, le concezioni. Noi siamo maschere. Le maschere hanno un nome? Se diamo un nome a chi siamo, poi verranno gli adepti, i fanatici, gli avversari, i nemici, e noi cosa diremo a quelli che ci insultano e ci deridono? Potremmo convincerli che siamo noi i primi a ridere di noi?
Ma capisco, vado troppo in là, tu vuoi un nome. Lo so: è come stare a un balcone, sputare contro i passanti, essere simpatici, squisiti, fastidiosi, tutti ti guardano ma non sanno chi sei… Cosa ne dici di “Bla-bla”? Banale, vero? E poi si riferisce alla chiacchiera, al qualunquismo della chiacchiera, no, non va bene, nessuna provocazione, i nervi se ne stano inerti, morti… Ma allora non è meglio andare molto indietro, a quando neppure sapevamo parlare e farfugliavamo “Ba-ba” e neppure conoscevamo l’alfabeto e tutto era uno zampillo confuso, un colore nel cervello, una cosa, un rombo, uno specchio, un giorno, una sulfurea menzogna, un prendersi a pugni da soli e cascare morti…
Cosa ne dici di “DA-DA”?
Un bambino cerca di parlare e non può; dice Da-da, ripete Da-da, e nessuno gli presta ascolto; gli adulti sciorinano vezzi e moine, tanto cosa che vuoi che succeda, un bimbo dice Da-da e basta; e invece, Tristan, tutto il mondo si spacca, Da-da è no all’alfabeto, alla ragione, alla storia dell’arte e delle cose, il bimbetto scalcia, è squisito e cialtrone, non impara, non lascia più le due sillabe, ripete ancora Da-da, cresce e dice sempre Da-da; allora gli adulti si preoccupano, chiamano psichiatri e filosofi che cercano schemi e soluzioni, e il bimbo, che adesso è un uomo giovane, grosso e testardo, gli sputa addosso Da-da e quelli, allora, davanti allo sberleffo, all’insulto, come possono non chiamare la polizia? E arriva la polizia, i robusti poliziotti sono tutti lì, ma cosa possono fare, lui se ne sta in un angolo della casa, mentre i genitori si portano atterriti la mano alla bocca, fuma un sigaro e con uno splendido, delizioso sorriso ripete Da-da; e loro non possono punirlo, arrestarlo, picchiarlo, non possono dire niente, magari disapprovano, scuotono la testa, che fannullone, che pelandrone, e lui sbuffa Da-da e tutto va dove non deve andare, tutto il mondo è alla deriva, cosa può fare il mondo Non-Dada contro chi dice Da-da e non sa cosa significhi Da-da?
Che ne pensi, Tristan? Io, più ci penso, più mi metto a ridere… E chi si dirà dadaista o antidadaista non saprà spiegare niente, si troverà con delle maschere in mano, con una logica vuota, e si aggirerà nel labirinto sapendo che nessuna risposta lo farà uscire…
Il pensiero si forma in bocca.
E dopo il pensiero nulla!
Da-da. No-No. A tutto.
Preferisco di no? Preferirei di no?
Io voglio sia NO.
(Quando tu e Janco parlate, vi dite Da-da, fate sì con la testa, ma quel sì è solo un no condiviso…)
Pensaci, io continuo a suonare, faccio frusciare le spazzole sulla pelle tesa del tamburo. Hai voglia ne venga fuori una melodia! Non scaturirà mai. Ma non è proprio questo quello che vogliamo: libertà dalla musica e dal silenzio, dal terrore e dalla gioia, dai corpi degli arcangeli, dal caos dei colori, dal groviglio degli opposti, da grottesco e incongruenza: LA VITA…
Tuo Hugo
**
*Il nome Da-da è apparso in traduzione francese, a cura di Viviane Ciampi, nella rivista “Souffles. Le Ecrivains Méditerranéens”, a cura di Cristophe Corps, n. 252-254, agosto 2016. Il titolo del numero è “Mon Grand Dada”.
