

Davide Racca
Antologia
le porte aperte
le porte senza ospiti
o stipiti
tu che sai del vuoto
l’urlo, l’urto vertebrale vai
a ritrovare il caos
la faglia dove preme
la terra trema
(inutile lasciarla fuori
se piove)
anche se piove
è dal fondo che viene
ciò che dissipa i piedi,
le siepi, il viavai
di porte scombinate
*
luogo la notte
salmastro
e astro notturno
più lucido ora
più sottile
e cosa vuol dire,
ancora, cosa cerchi
di dire?
Inutile capire
senza capirsi
e vedere
qyel che si deve
senza vederlo più
(non vedremo senza capirlo
non capiremo senza vederlo)
*
ristagno di vento
torrente in piena
pianta umida
la notte
piano viene meno
il contorno delle cose
(voci attutite, lumi
di cripta, apnea
di paesaggio)
un brivido sul dorso dell’acqua
rompe la linea degli argini
liquida attimi e storie
fantasmi di sagome
pareti nel fondo
magma nel magma
*
I testi sono tratti da: Davide Racca, L’ora blu, Nuova limina, Anterem Edizioni, 2022. IIlustrazioni e disegni sono dell’autore.
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La poesia visionaria di Davide Racca sorprende il lettore come una musica ellittica e ossessiva. «Quella di Davide Racca è una ‘scrittura crudele’, espressionistica, prevalentemente notturna, che mette in dialogo la materia e i nulla, il mare e la pietra» (Alessandro Baldacci). Racca scrive per sequenze secche e brevi, all’interno di una vertigine senza salvezze, con un respiro corto, sempre in apnea. Costruisce versicoli affilati e rabbiosi, mai danza macabra ma sempre rito di parole germinate in imminenza di morte. «Entrando nel senso del testo, le cadenze inaudite della poesia di Davide Racca ci guidano nella complessità del vivere e del sentire: bisogna lasciarsi trasportare da quello che solo il poeta riesce a vedere e decide di dire quando si accende l’apeiron, l’indefinito, nella sensibilità che declassifica e sovverte l’ordinamento che nel tempo si è sedimentato nelle nostre percezioni, nelle nostre vite» (Ranieri Teti). Il paesaggio de L’ora blu è un paesaggio lunare di macerie, scolpito in una lingua non aspra ma nitida, che evoca l’atmosfera di un Woyzeck contemporaneo. Le ombre di Celan e di Benn custodiscono questa poesia raggelata e spasmodica, perfetta nelle sue afasie beckettiane, fra “lumi di cripta” e “apnea di paesaggio”, semplice nella sua disperata fermezza a picco sul vuoto: «sai / che passato è / passato e non sai più / se è stato // fitta di vita / strapiombo / un tocco di cosa / cosa non sai / non sai». (M.E.)
Davide Racca nasce nel 1979 a Napoli, dove si laurea in filosofia. Poeta e artista, realizza un libro d’artista sul lavoro poetico di Amelia Rosselli, Inorganica vicenda (prefazione di Giuliano Mesa, La Camera Verde). Pubblica le raccolte di versi: Oltremarescuro (Poesia italiana, ebook, 2007), Vacanza d’inverno (Di Felice edizioni, 2003) V come Vincent (La Costellazione del Cigno, ed. Coup d’idée), Traduttore dal tedesco, ha curato un’antologia delle poesie di Johannes Bobrowski e il racconto Nella colonia penale di Kafka, con apparati critici e disegni (Zona contemporanea, 2015).
Sito web: http://www.davideracca.com


