LEGGO HOLDERLIN COME SI RICEVONO COLPI. Jean-Paul Michel

a cura di Fael Marescotti

“Mantenere ogni cosa nella sua propria permanenza”,
non calunniare niente di ciò che è

Leggo Hölderlin come si ricevono colpi. E allo stesso modo Pascal, “Il mio cuore messo a nudo”, Fëdor Dostoevskij e qualche altro.

Questi libri son fatti per far battere, in noi, “il cuore”, come pietre.
Si ritorna alla loro voce per il bisogno di una lieve ma abbastanza forte violenza, che lava.
Li abbiamo siffattamente conosciuti, sofferti, percorsi per ogni suo nervo che non possiamo leggere nient’altro senza conoscere quello che ha di derisorio un libro che non ci spogli delle nostre spoglie.
Questi libri vanno all’osceno .

Bisogna temerli.

Per Hölderlin, la sua propria oscenità è una fede, una confidenza assoluta, questa franchezza amorosa di cui non una delle sue righe cessa di essere l’eco; ciò che trema, da questa voce da bambino inquieto, che benedice.

*

Tanta bontà nel sacrificio fa salire le lacrime,

e questo sapere:

che un grande libro, ahimè, lo si riconosce per questo: fa male. Non ne conosco, in me, altri che facciano eccezione, innanzi a questa miseria che vaglia: che slarga, chirurgica, alla paura, alla fortuna, alla santità del canto battesimale – alla scemenza di essere: in cui si perde, dal mondo, ciò che si vuole, fortemente, ignorare.

Giusto giusto lasciano passare, ciononostante, un po’ di questa dolcezza che stringe la gola.

Hölderlin dice il canto nuziale, l’unione con l’elemento, e il lutto.

Questa bizzarra dignità è tutto il male – che vuole, sempre, troppo vero.

La grandezza dei santi viene in loro da una deficienza d’animale ordinario, da qualche crollo delle disposizioni generiche che regolano la struttura ricettiva dell’uomo normale innanzi al pittoresco volgare.
Quando gli uomini anelano così tanto alla figura, il loro sapere è quello dell’elemento.
Sono pesanti.

E in questa esperienza della profondità, un’energia amorosa così volatile li porta con sé, curandoli, allo sguardo del voler-vivere e della fatica avveduta della specie, questa andatura caratteristica dei malati incurabili.

*

Nulla che li leghi, pertanto, al destino comune.

La loro stessa goffaggine li attacca alla mammella, e la loro voce nausea come il latte caldo.

Questo pensiero è la loro propria scemenza, e tutto il loro deludente sapere:

che le più arcaiche di tutte le parole sacre della specie saranno anche le ultime,

– com’è vano, e stupido, negare “il sublime”, o il nome dell’”anima”, o “il dio”.

Questo ancora:

che la preghiera provenga dalla stregoneria la più sommaria che si possa immaginare,

che un’enorme semplicità la conservi, la porti, come qualche cosa, degli uomini, che non vuole passare;

che è un canto, e, in questo, che viene dal ridotto numero degli atti effettivamente tragici degli uomini.

Per “il dio”, il suo male non ha storia, non era la storia dell’elegia.

*

Per aver furiosamente voluto la perfezione di un canto, Hölderlin non è semplicemente un santo.
È l’uomo di un’arte.

E ciò raddoppia il male:

queste due disperazioni sono, in lui, in combutta, dal sapere della morte e dal sogno di un corpo sublime, che si rischia di morire, nella sfida – di un libro:

Faccio quello che posso tanto quanto posso ma, quando vedo che il mio cammino si compie nello stesso punto di quello degli altri, penso che bisogni essere un profano e un pazzo furioso per cercare una voce al riparo da tutta violazione, e che non esiste rimedio contro la morte.
Il tragico va veloce all’insostenibile, e allora, per il poco che ci si fa di questa crudeltà, che ci si impegni a far sì che niente venga a ridurre questi due dolori, e che li teniamo, trincerati l’uno all’altro, ben nemici, rapidi a morire, gelosi del loro male fino a cadere.

Hölderlin non ignorò mai che la regola deve limitare la “terribile potenza dell’elemento”, sebbene mai alcuna limitazione, pertanto, potrà contenere.

Resta sempre qualcosa, nella sua voce.

D’altronde è propriamente la sbalorditiva condizione di ogni arte grave (Hölderlin volle la sua “senza leggerezza e senza sincretismo”) che questi due supplizi vadano insieme, e si esauriscano, nell’impossibile, facendone uno soltanto.

Così è la fatalità del canto pieno:

per quanto lontano fu animato da quello che c’è di impossibile, alla riuscita di una voce che seppe dire “ciò che è” (: che in lei tremò, soltanto, “il reale” o “il dio”),

altrettanto forte riconobbe che il luogo di ogni parola è il luogo della disposizione, sempre, di qualche figura

(– e dunque, secondo le vie fatali, di una costruzione d’arte, con quello che è in lei, per sempre, montaggio e mimo)

che ancora il sogno di una “prossimità” lo perseguita, e ancora giura di realizzare un poco di “nudità”.

*

La grandezza si aggrappa a questo, a una vita che si dedica al libro, che si trova battuta, rotta, da questa folle ingiunzione di uguagliare nella voce ciò che è, o, se lo vogliamo, di riportare all’unità di una voce ciò che fondamentalmente è separato.

E il suo merito, che è ben più aldilà del merito: che la parola conosca ciò che l’appesantisce.

Questo passa tramite certe fedeltà, dalla donna antica, all’immediato, e al lutto.

Sì, “non tradire”.

Acquiescere a “queste montagne abbaglianti”, a rischio di perdere tutto, di mentire su tutto, dato che non è il cammino per il quale si può evadere.

In seguito avviene il compito (: “ciò che è il più difficile”), e secondo la nostra particolare fatalità:“saper servirsi liberamente di ciò che ci è proprio”.

A questo prezzo si può sentire una voce, ancora, in un libro.

La giustezza che l’amiamo fa male il suo compito del voler-dire.

Anzitutto, ha bisogno di questo: che si tenga a distanza molte delle insufficienti “bontà”.
E in quanto all’”arte”;

mantenere ogni cosa nella sua propria permanenza”, non calunniare ciò che è.
– il suo imperioso dovere:

“(prendere) tutto seriamente, in modo che l’affermazione così intesa costituisca la forma suprema del segno”.

*

Come direi questo:che il testo-Hölderlin interamente si dispera di quello che, senza perdita, sono detti, “il fiume, là”, “le Alpi argentate”, fradice di essere;

che si infrange in questo: fare passare, nella voce, “il dio”; che il dolore di ciò che lo rompe, faccia ancora salire, di una tacca, l’esigenza; spinge, più in alto, “il fallimento”:

che, sempre, riparte fino a quando si rompe la molla (nella stessa “follia” egli non può “ finire-dentro”),

– che conosce, per di qui, quello che “manca”, accedendo dunque alla sola conoscenza possibile di un uomo che non vorrebbe attenersi a delle esche?

Questo, infine: che nella disperazione di dire “il dio” così prossimo, non smette di scrivere, non può che scrivere, ancora.

Questa frase di Cézanne, che prende la caraffa dalla tavola dove si mangia, e la posa davanti agli invitati venuti a parlare “di pittura”, e dice: “Ecco. Tutto è là.”

Hölderlin utilizza la censura sopra tutto quello che non pulsa, nella voce, dal movimento stesso dello stupore ontologico, che sogna elevarsi a un corpo luminoso, di parola.

In lui, l’arte vuole e non vuole “morire”, e la vediamo onorata da una necessità propria all’interno di una necessità generale.

In questo è la sua sola “purezza”, d’altronde, che conosca ciò che, dell’essere, lo umilia.
E in quanto al sapere, la sua dignità sarà di conoscere che la specie vuole dei sortilegi, che non la smetterà mai con questo desiderio, e che il canto stesso, anche quando lo vorremmo, sceso al più basso di tutta musica, e la lingua resa a qualche semplicità elementale, raggiunge il punto dove si estenua, congiura, e benedice.

Ci mostri questo, Hölderlin: che gli uomini si inginocchiano, e temono, davanti a una voce che, semplicemente, dice: “per di qui le lacrime”.

*

Non si fa l’”elogio” di ciò che rompe, si tiene conto dei suoi colpi.

Non vorrei dire niente qui, dato che mi vieto ogni tipo di “commento” e di qualsiasi lucentezza, se non quello che resta:

che c’è della violenza santa a quello che, da un libro, tocca, che questa sola violenza elevi il detto alla forza fatale.

*

Ancora questo:c he la violenza-Hölderlin è una dolcezza, canto reso a colui che sta sotto, cessando di essere canto, divenuto maniera di rapporto denudato.

Di questo denudamento non si conserva che un’ingiunzione. Non voglio tenere nient’altro.

(Scritto per un volume prossimo da Christian Bourgois nel 1981, sotto la direzione di Philippe Lacoue-Labarthe e di Mathieu Bénézet, con il titolo: Per noi, Hölderlin. il progetto di questo libro rimarrà inconcluso)

***

Jean-Paul Michel

(…)

Comme un dieu qui se marie saoul
et – de la main – cherche l’épouse
tâtonnant il

Il chante :

combien il faut aimer pour faire
feu dessus la beauté la
plus haute Oi
seaux de roi Oi
seaux les jeux de la mort le
long des rivières ge
lées oiseaux fusil décembre com
bien il faut donner et craindre pour
sur un ange faire feu le porter à
ses lèvres fré
missant l’oiseau de roi beau tout
brisé

*

(…)

Come un dio che si marita sbronzo
e – con la mano – cerca la sposa
brancolando egli

Egli canta:

quanto bisogna amare per fare
fuoco sopra la bellezza la
più alta Uc
celli di re Uc
celli i giochi della morte il
lungo dei fiumi ge
lati uccelli fucili dicembre quan
to bisogna dare e patire per
su un angelo fare fuoco portarlo alle
sue labbra tre
manti l’uccello di re tutto
spezzato.

Egli

**

Mû de passion atroce, (« comme
bête ») et d’orgueil, l’Idiot s’avance,
face aux hommes – trois fois.

Il chante drôlement :

(…)

« Ô quant au Hé
ros drôle Jeune
Fille co
mment il parle voi
là ! (…) »

Disant qu’il va dans les chances mor-
telles, le Fils.

(« Occupé », dit-il, « d’aimer, plus
que mère, images) ».

(…)

*

Mosso da passione atroce, (“come
bestia”) e da orgoglio, l’Idiota si fa avanti,
innanzi agli uomini – tre volte.

Egli canta spiritosamente:

(…)

O quanto all’E
ros spiritoso co
me parla ecco
qua! (…)

Dicendo che va dentro alle probabilità mor-
tali, il Figlio.

(“Occupato”, dice, “ad amare, più
di madre, immagini)”.

**

…]

Quand on vient d’un monde d’Idées la surprise est énorme
de connaître
que les choses ont un goût de choses et
de se perdre en elles – délice
d’une excursion en montagne d’une
promenade devant
la mer – simplement baigné par l’élément
– d’un coup pourvu de tout le
désirable.

De plain-pied maintenant avec toute réalité friable
savoureuse loin de tout discours absorbé par le
paysage – à mon tour arbre, chose, décor
– la brioche molle de toute réalité, ses saveurs
de cannelle, de noix concassées et de vanilles
Serait-ce donc cela, l’Accès ? –
qu’interdisaient toute colère, tout enthousiasme, toute certitude
abstraite quant à ce qui « devait » advenir ? –
Et l’ignorance de ce qu’il fallait
la maladresse, ses épreuves, pour aller
enfin dans la lumière
des choses simples et belles ?

[…]

*

[…]

Quando si viene da un mondo d’Idee la sorpresa è enorme
di conoscere
che le cose hanno un gusto di cose e
perdersi in loro – delizia
di un’escursione in montagna d’una
passeggiata davanti
al mare – semplicemente bagnato dall’elemento
– d’un colpo pregno di tutto il
desiderabile.

Direttamente adesso con tutta realtà friabile
succulenta lontano da ogni discorso assorbito dal
paesaggio – tocca a me albero, cosa, decoro,
– la brioche molle di tutta realtà, i suoi sapori
di cannella, di noci conquassate e di vaniglie –
Sarebbe questo allora, l’Accesso? –
che interdicevano ogni rabbia, ogni entusiasmo, ogni certezza
astratta riguardo a quelli che “dovevano” avvenire? –
E l’ignoranza di quello che bisognava
la goffaggine, le sue prove, per andare
infine nella luce
delle cose semplici e belle?

[…]

I testi sono tratti da: Jean-Paul Michel, Défends-toi, / Beauté Violente!», Poésie/Gallimard, 2019.

Fael Marescotti (13/06/2000). Studente di filosofia e letteratura italiana a Parigi, presso Sorbonne Université. Alcune sue poesie sono apparse su siti online e non. Questa è la traduzione di un testo critico nei confronti della poetica hölderliniana da parte del poeta Jean-Paul Michel, a cui segue una traduzione di tre sue poesie, intrinsecamente legate al testo che le precede.

Fael Marescotti
Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...