BRUCIARSI LE DITA. Antonio d’Alfonso

Graham Sutherland

Profondamente felice, come del sangue che d’improvviso zampilla da una ferita: il mio stato attuale. Senza lingua, tranne quella che solletica mia moglie finché si abbandona a se stessa e a me. Senza paese, se non quello dei solitari che vanno sempre avanti, contro il seme della società. Ogni parola che sgorgherà da noi inevitabilmente ferirà. Per quali ridicoli motivi umiliarsi davanti a durezza e chiusura?

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Zoppicano i nostri versi, balbetta il logos. Ci rapportiamo solo con gli angeli. Il rumore che fanno le nostre lingue ricorda una balena che si estingue sulla riva orientale de I’Ile aux Coudres. Le nostre costruzioni si frantumano, cede il cemento. Siamo il resto di ciò che credevamo nostro.

Marco Locci

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Ormai senza geografia, senza patriottismo, senza matriarcato, parliamo la lingua di quelli e di quelle dall’ascolto acquatico che sanno strisciare sui fondi dell’oceano. Ciò che non esiste da nessuna parte, ciò che deve sempre inventarsi. Stanotte, il cieco ritrova gli occhi in queste parole senza eco.

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La perdita della tua cultura

Non il viaggio al paese dove le parole si pronunciano come ti è stato insegnato. Non il detto che la nonna ti propina a pranzo. Quella lngua, scialacquata, che parlavi da bambino. La tua lingua materna ti è straniera quanto qualsiasi lingua che non consoci. Dimenticata, come uno stile di vita che un tempo possedevi. Dal latino inciso sui banchi sporchi della scuola. Che coa ti racconti, solitario, di notte? Raffermo, il pane che non hai mangiato. L’incontro con questo amore d’una notte soltanto. Orribile. Il pomodoro schiacciato per terra penetra le tegole della tua perfezione. Dimentichi il tuo passato, ma il tuo passato non ti dimentica. Ti siedi su uuna sedia rottta e hai un crampo quando tenti di dire qualcosa d’intelligente. E se ujn giorno crollerai a terra rompendoti il muso, non sarà per una dieta sbgaliata. I tuoi dèi saranno venuti a spararti alle spalle.

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Bruciarsi le dita

La moralità. Una soluzione personale. Un modo per evitare gli incidenti. Fare la morale non ha nulla a che vedere con la moralità. La moralità sta alla morale come l’uranio alla guerra nucleare. Ciò che credi buono per te è l’esito delle possibilità infinite. Ma un esito rimane sempre effimero. Si tratta d’inserirti su di me affinché si accenda la luce. Una lampada a raggi ultravioletti può interessarti; ho bisogno di una chiarezza che solo l’istante riesce a darmi. Un tempo, disdegnavo il lampo che avrebbe potuto colpirmi, oggi mi nascondo dal tuono. Siamo bambini che hanno imparato come il fuoco brucia le dita.

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L’uomo timido

Le donne qui amano i cowboys, bruti solidi

come cavalli, capaci di far girare le loro macchine

su se stesse in meno tempo di quanto i più bruti

possano tracannare una birra. Amano gli uomini

tarchiati, fronte bassa, panciuti, culo stretto;

il cappello a nascondere una pelata incipiente;

stivali in pelle di vacca,. appuntiti come ramponi;

camicia di seta con immagini di città

che non hanno mai visto; occhi di volpe; salda ganascia;

sobri tatuaggi sull’avambraccio;

mentre avanzano a grandi passi con una sella invisibile

tra le cosce, parlando di sport come se masticassero

il capezzolo indurito di una donna. In un angolo del bar,

un uomo timido scolla l’etichetta di una birra calda.

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Graham Sutherland

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Viviane Ciampi ha curato e tradotto l’antologia di poeti canadesi: Poeti del Québec per le Edizioni Fili d’aquilone, nel 2011. Di Antonio D’Alfonso scrive: “Questo pensatore alla frontiera tra latinità e americanità, sorto da paesaggi urbani, oltre a esplorare l’angoscia di un’epoca senza punti di riferimento e perciò contraddittoria, getta un ponte tra generazioni. Così, nel rifiuto della parola nostalgia (che tuttavia affiora) fa scaturire il suo personalissimo concetto di identità, un”identità non limitata a tradizioni e confini geografici, che non affonda nel chiacchiericcio di cui si nutre tanta letteratura (V.C.)

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Antonio d’Alfonso nasce a Montréal nel 1953, da genitori italiani. È poeta, critico, autore di canzoni, cineasta. Fonda la rivista transculturale “Viceversa”. Scrive L’autre rivage, pubblicato e ristampato fra il 1987 e il 1999. Scrive L’apostrophe qui me scinde e Comment ça se passe, per le Editions du Noroit. Realizza un lungometraggio, Bruco, e il film Antigone, da Sofocle.

Antonio d’Alfonso
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