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Sotto, la verità. Più sotto, la verità
Inediti, 2022
*
Questo è il bel tempo.
Il tempo che non c’è, che leva le tende e sparisce
si solleva da terra e sfuma nel primo strato
dell’atmosfera. Nessuno va più su
o di lato, o indietro.
Non maturano i gigli e le pesche, acerbe.
Si chiudono temporaneamente orifizi
e fughe prospettiche.
Tutta la folla rimane in attesa. Socchiuse le bocche
mentre altre stanze precipitano,
si abbassano al suolo come un periodare maldestro.
La scrittura non rincorre il fine riga.
Non passa per l’antica meta del cervello
il punto che arriverà.
Questi siete voi, i descritti.
Questi non saremo mai noi.
*

Un lago si è aperto sotto di me,
un vuoto d’aria e acqua. Immersi vi sono
i miei genitori, se ne stanno così
in profondità che tra noi, tra i miei piedi
e le loro teste corrono chilometri di silenzio.
Verticale, opaco.
Filtrato da strati vischiosi.
Solo così li rivedo, da sopra,
ma non sento i dialoghi di casa,
quel tipo di conversazioni.
Si sente solo un sibilo acuto come di cetacei.
Degli esseri viventi, quindi, che si muovono
nello spazio abissale che ci separa.
Non sono sicura che siano morti.
*

Le persone perdono fisicità
ridiventano anime, idee prenatali.
Le anime agiscono con difficoltà
non aspirano a rimanere, dopo.
Sono già, dopo.
Dopo il decesso del corpo l’anima continua
il suo lavoro di rendicontista terrena.
Il corpo aspirava a qualcosa di più carnale,
ma l’anima ha avuto il sopravvento.
*
Nelle architetture delle città, gli appartamenti
contengono uno schermo al plasma
e un piano cottura. Per le relazioni c’è un bosco
con migliaia di posti a sedere, per ciascuno
uno scoiattolo smarrito. Il poststarnuto di famiglie
invecchiate ripiega il fazzoletto.
I nuovi consessi luminosi sono privi di parole,
ma numerosi impulsi li guardano sfavillare.
*
Più alcuna timidezza ci avvicina
gli uni agli altri in diagrammi luminosi
che segnalano le naturali affinità.
Di pura provvisorietà, la natura dei legami
e delle unioni.
Ma di unioni non si può più parlare,
ché il sangue chiama a raccolta solo
gli audaci e i folli.
*

Senza indulgenze, ferito per disgrazia
fissi i passanti poi ti ritiri verso il muro.
Svariati interessi del tutto umani, inutili.
Gli stolti e i fanciulli ridono.
Tu, crudele senza gaiezza, per necessità
nel circuito e nel legame.
I tuoi genitori non ti rivogliono
ti è totalmente indifferente.
Gli occhi lattiginosi per guarire,
forse non guarirai.
Ti è indifferente.
Sotto, la verità.
Più sotto, la verità.
*

a mia madre
Ho combattuto con le armi di un infante
talentuoso. E il nemico, l’avversario bellicoso
non mi risponde più. Non risponde.
Non mi riconosce.
Mi ha nutrito un tempo e mi ha lasciato scappare via
a due passi da casa.
È stato richiesto a noi sbandate figlie
di cercare un cucciolo per rimediare,
ho scavato gesso, bucato terre e acqua
per tornare e imporre il mio, di canto.
Una pietrificata sonatina in re minore.
Ma l’avversario se n’è andato. Ha lasciato cadere
la sciabola e ha fatto dietrofront, è tornato
dalla madre giovanissima. La cantilena di questo nemico
si chiama scomparsa, una canzoncina triste per moribondi.
Il prete si è espresso favorevolmente – un passo
avanti agli altri e un coro perosiano,
per mettere i precedenti a dimora.
Accudimento passò, venne l’età adulta.
La tua è ancora viva, che sorpresa.
*
Mamma accarezzami
se non lo hai mai fatto, sono tanto stanca.
Sembra che le orecchie non sentano più
i cervelli piantati sulle teste oblique
ciondolano rispondendo di sì o di no
a seconda del meteo.
Chi mi chiamava Luì, se non la tua bocca.
La madre di tutti manca sempre
un giorno e una mattina di troppo.
I pensieri si fanno cupi.
*

Regalaci un nome buono,
un’immagine da conservare.
Abbiamo perso tutti gli occhi
e vediamo solo con fronti inadeguate,
labbra che non mordono.
Camminiamo in riserva: ecco, qui si è squarciato
il recinto e siamo tutti caduti in una fossa.
Raffreschiamo le nostre giornate
con oblio puro.
*
Si parlava ovunque della necessità di riprendersi
la vita, di far ripartire l’economia. Ma la verità era
che le persone non desideravano più nulla
se non il perpetuare l’assenza di azioni e relazioni.
Il consumo degli oggetti, nonché il loro acquisto,
apparve sempre più inopportuno. Riguardo ai viaggi,
se non indispensabili venivano accuratamente
evitati. Gli sport erano sempre meno praticati perché
non si avvertiva il desiderio di apparire in forma.
Molte coppie si orientarono verso un’esistenza
priva di contatti esterni. Gli adolescenti
smisero di impegnarsi nello studio. I giovani aspettavano
la loro occasione davanti a uno schermo luminoso.
La specie umana perse molte delle sue caratteristiche
concernenti la lotta, la supremazia, l’affermazione di sé.
Chi aveva ottenuto riconoscimenti nel lavoro
o si era distinto nei più svariati campi del sapere,
dell’arte e della scienza lentamente fece parte,
per sempre, del passato.
*
Tento di essere fedele al karma, biascico
parole nella mascherina imbevuta d’alcol
che così uccide me e il mio vicino distanziato.
Che m’importa della posizione da tenere,
tocco il respiro sto con le braccia a petto nudo,
tra noi senza filtri con tutti i nostri possessivi
procediamo ingialliti, governati male.
*

Sono le fini, i commiati, che ci abbracciano
nel buio. Non sapevamo nulla del seguito,
il seguito è venuto nel millennio successivo.
Il passato è qualcosa di cattivo e abnorme.
Il cappotto consegnato al guardarobiere sicuramente
ti verrà restituito sbagliando lo scontrino.
E se poi dovessi cadere, non rialzarti.
Non commettere l’errore di rialzarti.
Lascia che uno spesso strato di polvere si depositi
sulla tua figura atterrata.
Sarai un puntino immobile, non potrai più nulla.
Un traguardo concesso a pochi.
Ai caduti di tutte le guerre, di tutti gli svenimenti
e di tutti gli incidenti mortali.
*
Alla fine anche la vita dei cimiteri muore,
si consuma e cambia stato. Le ferite
dei defunti si riaprono, ricominciano a sanguinare
e andrebbero curate un’altra volta da medici
con scafandri e mascherine. Di fatti a volte
li vedo aggirarsi con armamentari minimi,
che i morti hanno malattie lievi.
Nessun famigliare ansioso si precipita
a curare, e a volte chi curò oppure uccise
o solo vegliò, a sua volta riposa sotto l’azzurro
del pomeriggio, il più tagliente.


Nota biobibliografica
Luisa Pianzola è poeta e giornalista. Dopo studi di pittura e architettura si è laureata in storia dell’arte contemporanea (Lettere moderne) all’Università di Genova. Ha pubblicato i libri di poesia Il punto di vista della cassiera (LietoColle-Pordenonelegge 2020, collana Gialla Oro, segnalazione speciale “Una vita in poesia” al Premio Lorenzo Montano 2021), Una specie di abisso portatile (La Vita Felice 2015, postfazione di Mario Santagostini), Il ragazzo donna (La Vita Felice 2012, presentazione di Piera Mattei), Salva la notte (La Vita Felice 2010, prefazione di Gabriela Fantato), La scena era questa (LietoColle 2006, prefazione di Gianni Turchetta), Corpo di G. (LietoColle 2003, prefazione di Maurizio Cucchi), Sul Caramba (Sapiens 1992) e due plaquette. Suoi testi sono usciti su antologie, riviste, siti web, hanno ricevuto numerosi riconoscimenti e sono stati tradotti in inglese, francese e spagnolo. Redattrice della rivista “La Mosca di Milano”, ha curato per LietoColle il progetto Serre di Poesia. Oltre agli autori citati, su di lei hanno scritto Giampiero Neri, Angelo Lumelli, Stefano Raimondi, Piero Marelli, Stefano Guglielmin, Lorenzo Gattoni.