
Il nuovo libro di Mauro Macario, Piccole infinitudini (prefazione di Viviane Ciampi, puntoacapo, 2022), si inscrive sempre nel campo di battaglia delle invettive telluriche e caustiche tipiche della poesia di Mauro, ma con un tono più lieve, quasi in minore, che testimonia un nuovo status del suo animo, intriso di ineluttabile tristezza. Come osserva nella sua prefazione Viviane Ciampi: «Ora potremmo quasi dire che ci troviamo di fronte a un nuovo corso: poesie più sintetiche, fluide, quasi ungarettiane, ammansite, forse meno pensate per l’oralità e più per l’intuizione del precipizio». La maschera innocente e surreale dei perdenti è vissuta in queste poesie non come debolezza dello spirito ma come malinconico commento a quel precipizio, nostalgia appartata e mai doma, intimamente rivoltosa, stilisticamente serena. (M.E.)
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Lezione di guida
Parlare in macchina
con chi non c’è più
quasi sera
nubi già pesano di pioggia
fermarsi ai bordi di un campo
lo sguardo stanco di tutto e di tutti
sentirsi abbandonati dalla morte
di chi avresti ancora bisogno
piove
montagne nere come lutti
dovevi pensarci prima
che il mondo si svuotasse
d’improvviso
aver voglia di piangere
7/11/21
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Mestizia
Gli sguardi non ricambiati
dicevano tutto senza parlare
vedevo la vita trasfigurata
allontanarsi in una sconosciuta
nulla era accaduto
se non la coscienza che le parole
non avrebbero mutato il destino
esistere in forma d’assenza
preserva dalla caduta del mito.
11/12/21
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Libellule
Il poeta e il parà
compagni di volo
si gettano nel vuoto
in caduta libera
allo strappo
salgono di due nuvole
il parà atterra
senza rompersi le ossa
il poeta sta bene dov’è
non vuole scendere più
scrive nell’aria
addestrato per questo
fin dal primo verso
può precipitare
accetta il rischio
sa che a volte
il paracadute non si apre
10/12/21
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Black pass
Sulla soglia del nulla
voglio solo ricordi cattivi
compagni di viaggio ideali
per non rimpiangere
la vita che lascio
29/11/2021
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[…]
non esiste il rischio che Mauro voglia dare una lezione tra racconto e sermone. La voce “dettata” sa rimanere clima interiore in un cielo interiore. Quando esamina le ambasce della vecchiaia, egli lo fa passando dall’hortus conclusus che lo ha portato fin lì, e scaturiscono versi non tanto rassegnati quanto forti, febbrili, ma con un benvenuto dualismo tra nervi sguainati e humour caustico. Quand’’egli prende per la coda la nostalgia, accade perché quest’ultima arriva sempre a sorpresa, troppo insistente, e lui la manda via con uno sberleffo.
[…]
In questa silloge, Mauro Macario riesce a coinvolgere il lettore su più piani: autenticità di sentimenti e lucidità razionale. Chi legge si ritrova come in quei giochi di “disegni da completare” nei libri per bambini dove si devono raggiungere tra loro un numero incalcolabile di puntini, finché una forma finisce col delinearsi. Nei disegni dei quaderni immaginati dal poeta, schizza lo zampillo di un destino, di una vita. Quei puntini, prima di congiungersi ad altri puntini numerati somigliano a piccole infinitudini, ad astri dispersi nel buio di una notte che credevamo dovesse non finire mai.
Viviane Ciampi
