
“Con ali atrofizzate/volano bassi i corvi/ scomposti nel loro andare/ e riandare/ descrivendo traiettorie inedite/ nel moderno retaggio”. Ma chi o cosa sono i corvi di cui ci parla Enea Roversi nella sua raccolta Incidenti di percorso di recente pubblicata dalle edizioni Puntoacapo. E quale messaggio i corvi sostanziano, se lo sostanziano, in quel loro andare scomposto? Frattura o conciliazione? Compromesso o scardinamento? Qualcosa si forma e coagula, si attualizza fino, forse, a storicizzarsi ma qual è la sua natura, la sua matrice?
Di certo c’è solo qualcuno che li osserva, ossia la coscienza critica di Enea Roversi. Una coscienza che si confronta con i corvi e le loro ali atrofizzate, che getta un ponte tra l’io e una realtà che si direbbe opaca e perduta ma che facendosi parola esce da se stessa, dal suo grigiore, dal suo anonimato, arrivando a tracciare inedite traiettorie.
Ecco, sono queste, le inedite traiettorie, ad essere la svolta, ad essere quella fisicità/non fisicità che si fa spazio aperto, luogo in cui collocarsi per vivere materialmente e immaterialmente la quotidianità e l’estasi del proprio pensiero. Ancorarsi, dunque, nelle viscere di queste traiettorie. Traiettorie che lo sguardo e il linguaggio umanizzano e che a minarle basta un niente. Un piccolo incidente di percorso. Quegli incidenti che si infrangono e riequilibrano in un gioc(g)o inarrestabile. Un gioc(g)o che è al contempo liberazione. Non però una liberazione qualsiasi ma quella liberazione che ha proprio negli incidenti di percorso il suo principale fondamento. (Forse) l’unico.
Sono gli incidenti di percorso, infatti, a far brillare, nel senso di mettere in luce e far esplodere, quella realtà/vita/tempo in cui si è calati. Ed è dal loro irradiarsi che ne scaturisce un paesaggio fatto di equilibri da rompere e saltare, da osservare e registrare con precisione criticodescrittiva, E linguistica.
Una precisione, quella criticodescrittiva e linguistica, che è poi il modo di Enea Roversi di immergersi nella realtà e nella storia, di oggettivarla per farne una struttura organica e ontologica che si dice e respira. E che Enea Roversi indaga imbrigliandosi in nodi forse senza scioglimento ma che sono la materia della nostra esistenza e del nostro sentire. Prove di resistenza in cui la coscienza si fa potente e estrema, incidente di percorso per eccellenza, intendendo, appunto, l’incidente di percorso come ciò che fa brillare, nel senso di mettere in luce e far esplodere, tempo e storia, e noi stessi nel tempo e nella storia.
Feudalesimo
Con ali atrofizzate
volano bassi i corvi
scomposti nel loro andare
e riandare
descrivendo traiettorie inedite
nel moderno retaggio.
Nuovo feudalesimo
fondali di acqua marcia
elegia della miseria
intellettuale
inebetiti e catechizzati
il secolo del buio
la memoria perduta
la rassegnazione voluta
rabbia dimenticata e sopita.
(2011)
*
Avanzi
Perdere il tempo a pensare
cercare un frammento
la chiave di accesso
alla verità non detta
mentre fuori il sole scalda
e i respiri
si dilatano
sugli avanzi lasciati
là, a crogiolare
su piatti ormai gelati.
(2011)
*
nulla da temere
nulla da temere
tutto quello che pensi proprio tutto
sminuzzato e ridefinito
la voce rimodulata
nella curva del tempo
puoi scendere di corsa
le scale, ora
il tracciato elettrocardiografico
risponde bene, nulla da temere
a parte questo statico senso
di deprecabile solitudine

Un pensiero riguardo “INCIDENTI DI PERCORSO. Enea Roversi letto da Silvia Comoglio”