
Textura*
Agire con urgenza contro la preminenza del vuoto sembra essere una delle priorità nel modus operandi del Nannetti. Il suo compito scrittorio inizia tracciando sull’intonaco i margini verticali di una grande ‘pagina’, talvolta creando dentro la stessa altre suddivisioni in rettangoli minori disposti in successione lineare. Procede in modo progressivo e una volta che la pagina è satura di grafemi dispone i limiti per una nuova, moltiplicando i quadranti lungo il perimetro murario del cortile Ferri nell’ospedale psichiatrico di Volterra. Dentro queste griglie un fitto reticolato segnico di lettere, numeri e figure procede senza una direzione fissa invitando al lettore ad un’interazione ricompositiva. La sua grafìa si uniforma rispondendo alle esigenze di semplicità a cui lo costringe il mezzo scelto per incidere: il ferretto mobile della sua cintura. L’arcaicità del tratto, che abbandona forme maiuscole e corsive, ha rimandi nella sua marcata angolosità ai caratteri dell’alfabeto nuragico. Il tentativo di rendere la scrittura iù possibile uniforme s’avverte nella scansione modulare di lettere quadrate di dimensioni ridotte e andamento all’insù. Il risultato formale è un testo di una compattezza visiva tale da assumere l’aspetto di una trama di tessuto. Una textura resa compatta inoltre da un’identica profondità di scavo sulla totalità della superficie incisa. Scrittura a scavo, dove ogni parola ha una sepoltura e anche una sua liberazione. Il ciclo dei graffiti del Nannetti rappresenta oggi una delle espressione maggiori della visualità poetica ‘irregolare’.
*Il testo è tratto dal catalogo della mostra Quelli della parola che sempre cammina, 3-30 settembre 2010, Museoteatro della Commenda di Pré, Genova, a cura di Gustavo Giacosa. Opere di Babylone, Giovanni Bosco, Helga Goetze, Melina Riccio, Carlo Torrighelli.
